Delta del Niger

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Non c'è pace per il Niger, non bastavano le perdite degli impianti petroliferi lungo tutto il Paese che, finendo nei corsi d’acqua, arrivavano fino al delta del Niger. L’ultimo disastro petrolifero è partito direttamente dal mare aperto e, come una calamita, è stato attirato nuovamente dalla foce di uno dei principali fiumi dell’Africa. Il disastro è avvenuto pochi giorni fa quando circa 40 mila barili di petrolio greggio, fuoriusciti da una nave, sono stati scaricati in mare. L’incidente è avvenuto al largo delle coste nigeriane, più precisamente nel Golfo della Guinea, il 20 dicembre scorso. Una “Floating production storage and offtake vessel”, in pratica una piattaforma galleggiante di stoccaggio del carburante, stava scaricando il suo contenuto su una petroliera quando un malfunzionamento ha fatto riversare in mare milioni di litri di oro nero. La piattaforma è di proprietà, tanto per cambiare, della Shell che già con le sue perforazioni sta distruggendo l’intera area ammorbando con il petrolio l’intero delta del Niger come abbiamo già dimostrato altre volte. L'altra società petrolifera presente massicciamente in quella "terrificante" zona è la nostra compagnia di bandiera, l'ENI, "accusata pesantemente da centinaia di associazioni ambientaliste" Secondo i dati forniti dall’associazione ambientalista Environmental Rights Action, almeno fino al momento in cui la perdita è stata ufficialmente arrestata, sono stati 40 mila i barili di petrolio sversati in acqua, ma come giustamente affermano gli ambientalisti, è la Shell ad affermare che il buco è stato chiuso, dunque non c’è da fidarsi completamente di questa notizia. Come non c’è da stare certi che l’azione di 5 navi abbia già disperso la macchia, come dichiarato dalla stessa compagnia petrolifera. I dati dell’associazione inoltre sono stati confermati dalle immagini satellitari che mostrano una macchia nera di 70 km di lunghezza ed un’estensione di 973 chilometri quadrati. Un disastro che mette in ginocchio ulteriormente, come se ce ne fosse bisogno, l’economia dell’area che è basata per gran parte sulla pesca. Un disastro ambientale che non ha uguali in nessun'altra parte del pianeta e come dicevamo sembra che l'ENI ci sia dentro fino al collo.

D.V.

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