Fame nel mondo (prima parte)

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Un miliardo di persone nel mondo soffre la fame cronica. Gli agricoltori producono cibo a sufficienza anche per loro, ma non è distribuito in modo adeguato. E, anche se lo fosse, molte di queste persone non potrebbero permettersi di di acquistare prodotti alimentari perchè i prezzi stanno aumentando. All'orizzonte però c'è un problema ancor più grave. Entro il 2050 la popolazione mondiale crescerà di due o tre miliardi di persone. Probabilmente questo incremento porterà ad un raddoppio della domanda di cibo, come suggerito da diversi importantii studi. La domanda aumenterà anche perchè sempre più persone avranno redditi più alti, e quindi vorranno mangiare di più. Con l'abbattimento delle foreste tropicali, lo sfruttamento dei terreni marginali e l'uso di tecniche intensive in zone ecologicamente sensibili abbiamo trasformato l'agricoltura nella principale minaccia ambientale del pianeta. Già oggi l'agricoltura consuma una grande percentuale della superficie terrestre e sta distruggendo habitat, consumando risorse idriche, inquinando fiumi e oceani, oltre ad emettere una quantità spaventosa di  di gas serra. Per garantire la salute a lungo termine del pianeta si deve ridurre drasticamente l'impatto negativo dell'agricoltura. A prima vista il sistema per sfamare più persone sembrerebbe ovvio: produrre più cibo aumentando l'estensione delle coltivazioni e le rese per ettaro. Purtroppo però queste strade non sono più percorribili. Se escludiamo Groenlandia e Antartide, attualmente coltiviamo il 38% delle terre emerse. L'agricoltura è di gran lunga l'attività umana che usa più terreno in assoluto sul pianeta, e la maggior parte di di questo 38% include i terreni migliori. Quel che resta è composto principalmente da deserti, montagne, tundra, ghiaccio, città e altre aree non adatte alla coltivazione. A questo gravissimo problema gli scienziati di tutto il mondo si sono trovati concordi nell'affermare che è giunto il momento di cambiare rotta. L'agricoltura moderna ha avuto un ruolo estremamente positivo per il mondo, ma non possiamo più ignorare i danni sempre più gravi che provoca all'ambiente e il fatto che abbia oramai raggiunto i propri limiti di crescita. In passato il problema alimentare e quello ambientale sembravano inconciliabili: si sarebbe potuto produrre più cibo disboscando più terreni e usando più acqua e prodotti chimici, ma tutto avrebbe ripercussioni negative sull'ambiente; oppure si potevano ripristinare gli ecosistemi riducendo l'estensione delle coltivazioni, ma a spese della produzione alimentare. Questo approccio non è più accettabile: abbiamo bisogno di ben altre soluzioni. Dopo anni di ricerche ed analisi approfondite questi scienziati sono giunti alla costruzione di un piano mondiale diviso in cinque fasi.
Prima parte. Fonte (Le Sciences)

GVA

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