Trivelle a go go
01:01 Posted In Inquinamento Edit This 0 Comments »
Succedono cose strane in questa nazione, amici dell'ambiente, e una delle nuove anomalie ce la segnala ancora una volta il WWF.
Non è la prima volta che Wwf segnala il mare di trivelle che degrada il nostro Paese ma questa volta il dossier denuncia anche una mancata deliberalizzazione in merito. Il governo Monti avrebbe salvato in extremis l’Italia cancellando degli articoli previsti per liberalizzare la ricerca di petrolio e di gas su territorio nazionale. Il rapporto di Wwf parte da un presupposto molto semplice e chiaro. In Italia gli esperti sono concordi nell’affermare che di petrolio ce n’è poco, e di scarsa qualità; localizzato nei pressi della costa in aree marine protette o contesti urbanizzati, dunque. Non dovrebbero esserci appetiti delle compagnie petrolifere. Eppure assistiamo a un progressivo saccheggio di oro nero e gas. Un’aggressione al territorio che avviene nell’indifferenza della politica e che rischia di depotenziare le notre armi migliori: il turismo da un lato, e dall’altro il patrimonio artistico per cui siamo famosi. Temiamo per le sorti dei grandi vertebrati come i delfini e i cetacei che potrebbero essere seriamente minacciati dal forte impatto inquinante dell’attività antropica, con danni sugli esseri viventi di carattere teratogeno, mutageno e cancerogeno. Si legge nel dossier che in Italia sono stati estratti nel 2010 8 miliardi di metri cubi di gas e 5 milioni di tonnellate di petrolio, che in percentuale fanno appena lo 0,1% della produzione complessiva. Ci si chiede perché allora il nostro Paese sia tanto appetibile per le compagnie petrolifere, visto che di petrolio difatti non ve ne è? La risposta viene fornita da Maria Rita D’Orsogna, docente di Fisica all’Università di Northridge, in California. Semplice: la legislazione di casa nostra è scandalosa, nel senso che favorisce al massimo le ditte estrattrici, mortificando invece le aree invase da pozzi e piattaforme. Il tutto con seri rischi per la salute e crescente frustrazione dei cittadini, allarmati per lo sfruttamento ma trascurati dalle autorità nazionali. Il decreto legislativo che regola il settore è il 625 del novembre 1996 in cui si legge “niente è dovuto sotto forma di royalty” per estrazioni dalla terraferma fino a 20mila tonnellate di olio greggio e 20 milioni di metri cubi di gas (dal 2010 sono diventati 25 milioni) e per estrazioni sul mare “entro 50mila tonnellate di olio greggio e 50 milioni di gas (80 milioni dopo il 2010). Come potete facilmente immaginare amici miei, qui in Italia è terra di nessuno, qui chi arriva fa i comodi e gli interessi suoi. Noi siamo ricchi, le risorse noi le regaliamo!
D. V.
Non è la prima volta che Wwf segnala il mare di trivelle che degrada il nostro Paese ma questa volta il dossier denuncia anche una mancata deliberalizzazione in merito. Il governo Monti avrebbe salvato in extremis l’Italia cancellando degli articoli previsti per liberalizzare la ricerca di petrolio e di gas su territorio nazionale. Il rapporto di Wwf parte da un presupposto molto semplice e chiaro. In Italia gli esperti sono concordi nell’affermare che di petrolio ce n’è poco, e di scarsa qualità; localizzato nei pressi della costa in aree marine protette o contesti urbanizzati, dunque. Non dovrebbero esserci appetiti delle compagnie petrolifere. Eppure assistiamo a un progressivo saccheggio di oro nero e gas. Un’aggressione al territorio che avviene nell’indifferenza della politica e che rischia di depotenziare le notre armi migliori: il turismo da un lato, e dall’altro il patrimonio artistico per cui siamo famosi. Temiamo per le sorti dei grandi vertebrati come i delfini e i cetacei che potrebbero essere seriamente minacciati dal forte impatto inquinante dell’attività antropica, con danni sugli esseri viventi di carattere teratogeno, mutageno e cancerogeno. Si legge nel dossier che in Italia sono stati estratti nel 2010 8 miliardi di metri cubi di gas e 5 milioni di tonnellate di petrolio, che in percentuale fanno appena lo 0,1% della produzione complessiva. Ci si chiede perché allora il nostro Paese sia tanto appetibile per le compagnie petrolifere, visto che di petrolio difatti non ve ne è? La risposta viene fornita da Maria Rita D’Orsogna, docente di Fisica all’Università di Northridge, in California. Semplice: la legislazione di casa nostra è scandalosa, nel senso che favorisce al massimo le ditte estrattrici, mortificando invece le aree invase da pozzi e piattaforme. Il tutto con seri rischi per la salute e crescente frustrazione dei cittadini, allarmati per lo sfruttamento ma trascurati dalle autorità nazionali. Il decreto legislativo che regola il settore è il 625 del novembre 1996 in cui si legge “niente è dovuto sotto forma di royalty” per estrazioni dalla terraferma fino a 20mila tonnellate di olio greggio e 20 milioni di metri cubi di gas (dal 2010 sono diventati 25 milioni) e per estrazioni sul mare “entro 50mila tonnellate di olio greggio e 50 milioni di gas (80 milioni dopo il 2010). Come potete facilmente immaginare amici miei, qui in Italia è terra di nessuno, qui chi arriva fa i comodi e gli interessi suoi. Noi siamo ricchi, le risorse noi le regaliamo!
D. V.
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