Ali nel cielo

08:49 Posted In Edit This 0 Comments »
Qualche giorno fa qualcuno mi ha chiesto se e come era possibile posizionare una mangiatoia per gli ucellini nel giardino. Una domanda semplice che ha avuto il potere di rattristarmi: ma tu hai ancora passeri nel giardino? Qualche passsero cinguetta ancora, è vero, ma niente di paragonabile alla mia lontana infanzia. Dove sono finiti questi amici alati che un tempo rallegravano chiassosi i nostri cortili? Una risposta non ce l'ho ma rovistando in rete sono venuto a sapere che gli amici passeri sono stati inseriti nella lista degli animali  a "rischio", non in via di estinzione, sia chiaro, ma a rischio e il che  tutto dire. Infatti, come diceva il testo irmato da Danilo Mainardi (l’ornitologo che va a SuperQuark ), negli ultimi 30 anni i passeri sono diminuiti del 50%. Infatti avrete notato anche voi amici del GVA quant pochi passeri ci sono in giro. Solo una ventina di nni fa erano ovunque, non esisteva pollaio, orto o giardino che non ne brulicasse. E' un segnale che inquieta: che cosa succede? Perché di punto in bianco e dopo secoli di convivenza i passeri stanno scomparendo? La maggior parte sono spariti di punto in bianco fra il 2003 e il 2004, un biennio nefasto per questi uccellini, c'è chi dice per una virosi, chi per il benzene contenuto nella benzina verde, chi addirittura vede nella riqualificazione dei nostri tetti (sono sempre meno le coperture con i coppi) il vero problema. E le ultime notizie non sono buone, perché il decremento demografico, purtroppo, non fa che progredire. Qualche esempio: certo il più eclatante, tra quelli emersi riguarda Varsavia, nei cui giardini la passera europea è praticamente scomparsa (diminuzione del 95%), mentre la diminuzione cittadina media risulta essere del 49%; quanto ai dati italiani, i decrementi oscillano dal 40 al 50%, e ciò rispecchierebbe ciò che avviene un pò dappertutto in Europa. La situazione appare tutt' altro che stabilizzata. Quanto alle cause, sono molteplici e ad effetto cumulativo amici del GVA. Determinante, a ogni modo, è la carenza di insetti, in special modo di afidi, nella dieta dei nidiacei. Una dieta quasi solo vegetale ne fa morire molti già nel nido e, quelli che scampano, sono deboli e in seguito vittime di malattie di carattere infettivo. Vi sono poi le intossicazioni da metalli pesanti e da pesticidi, c' è il fatto che le moderne tipologie costruttive degli edifici risultano inadatte allanidificazione e infine, per uanto riguarda le aree urbane, una gestione del verde pubblico dove piante ed erbe spontanee risultano sempre più rare. Il declino dei passeri segue, purtroppo, quello delle rondini, che ormai ci siamo abituati a non vedere quasi più nei nostri cieli. Contrariamente alle rondini, però, i passeri non avrebbero dovuto diventare, proprio per certe loro caratteristiche, specie a rischio. Gli animali minacciati di estinzione, infatti, solitamente appartengono alla categoria degli specialisti. Per le rondini, se sparissero gli insetti che abitano il cielo, sarebbe una condanna definitiva. Questo perché gli specialisti non hanno tante frecce al loro arco, ma una soltanto. I passeri, invece, sono degli straordinari generalisti. Possono nutrirsi in tanti modi e di tante cose, ma soprattutto sono opportunisti e adattabili. Ciò che ancora non si sa è se troveranno un nuovo equilibrio, oppure se il loro declino implacabilmente continuerà. Speriamo nella prima ipotesi, e vediamo di dar loro una mano.   Non sò cosa ci riserverà il futuro amici del GVA, nel cielo le ali stanno scomparendo come scompaiono nel mio vecchio cuore. I sintomi della malattia sono evidenti ma ancora ci rifiutiamo di prenderne atto. I nostri amici alati stanno scomparendo nell'indifferenza generale e all'orizzonte nuvole nere si stanno addensando sul nostro futuro. Aiutiamoci e aiutiamo questi compagni di viaggio, facciamo sentire la nostra voce con chi ancora qualche cosa può fare. Non cadiamo nella trappola della rassegnazione. Già oggi può essere il giorno giusto!

D.V.

Obama e l'ambiente

08:42 Posted In Edit This 0 Comments »
Il discorso sullo stato dell’Unione di un paio di giorni fa di Barack Obama è passato abbastanza sotto silenzio al di fuori degli Usa perché si era concentrato sempre sulle solite promesse da politico di vecchio corso: economia, creazione di posti di lavoro, ecc. Tutti aspetti importanti per una nazione, ma che interessano poco al di fuori di essa. Però c’è un punto su cui Obama si è soffermato e su cui in pochi sono stati attenti: l’ambiente. Già il fatto che se ne parli è importante visto che i suoi possibili sfidanti che in questi giorni si stanno dando battaglia nelle primarie per i Repubblicani sembrano mettere il problema ambientale all’ultimo posto tra le loro priorità, e dunque tanto vale vedere come pensa il presidente degli Stati Uniti di concludere il suo primo mandato ed iniziare il probabile secondo da questo punto di vista. Il discorso del presidente americano si è basato molto sull’associazione ambiente-salute. Il suo sforzo infatti è stato (e sarà) quello di migliorare le condizioni ambientali in cui gli americani lavorano, in modo da migliorare la loro salute sul posto di lavoro ed alleviare anche le spese sanitarie sostenute dal Paese. Un buon punto di partenza. Le politiche energetiche sono state piuttosto confuse visto che gli “ambientalisti arrabbiati”, come li ha definiti lui stesso, non mandano giù le promesse sulle rinnovabili a cui poi seguono i finanziamenti per il petrolio. Qualcosa di certo non quadra. Al momento però la priorità di Obama sembrano i posti di lavoro, dunque se una legge non crea “jobs“, anche se fa bene all’ambiente è meglio rimandarla per accelerarne un’altra che possa crearne. Il presidente ha però promesso il suo sostegno alle leggi per ripulire l’aria e l’acqua, e per dare retta all’EPA (Environmental Protection Agency) e seguire un po’ di più le sue indicazioni. In effetti l’agenzia ambientale ha lavorato meglio sotto l’attuale presidente che sotto altri, ma secondo gli ambientalisti la maggior parte delle promesse fatte in campagna elettorale non sono state mantenute. Una cosa è certa però, i voti degli ambientalisti andranno di nuovo ad Obama. Speriamo che stavolta li sappia sfruttare meglio di quanto non abbia fatto nel primo mandato. Il pianeta sta aspettando, noi stiamo aspettando, la vita sta aspettando.

D.V.

La vita è tra noi.

03:56 Posted In Edit This 0 Comments »
Ogni giorno succedono migliaia di drammi sul grande palcoscenico della vita, e uno di questi è successo a Monaco di Baviera, proprio in questi giorni. Panang ha 22 anni ed è indiana ma vive a Monaco di Baviera da 22 anni oramai, sua figlia Lola, 3 mesi, unica gioia dei suoi giorni, è morta per una grave malformazione cardiaca. Panang, assieme ai membri della sua comunità le rende omaggio in una struggente processione, pazza di dolore. Accarezzandola e standole intorno ha sperato fino all'ultimo nella forza della vita. Momenti dolorosi e toccanti che ci dimostrano la forza e la potenza dell'amore che tutto muove nell'oblio dei giorn. Una piccola tragedia che non troverebbe spazio sui giornali o nei TG se fosse umana, invece i protagonisti di questa tenera e struggente meteora altro non sono che degli elefanti ospiti dello zoo di Monaco di Baviera. Gli etologi da anni s’interrogano sulla consapevolezza della morte di alcune specie animali e sul senso del dolore, da sempre ritenuta prerogativa esclusiva della specie umana. Una specie umana che pare aver dimenticato quella consapevolezza, e quella fratellanza che essa dovrebbe provare di fronte al dolore. Una specie umana molto presa dalle piccole cose di tutti i giorni, dai piccoli e spesso insignificanti fastidi propri e molto distratta e lontana dai grandi dolori altrui. Quegli elefanti dello zoo di Monaco forse non piangono solo Lola. Ma piangono lacrime antiche che giungono dalla notte dei tempi dove la vita è un bene inestimabile, qualunque essa sia. E forse piangono guardando questa razza umana capace di mille splendide meraviglie e mille brutture da cambiare. Una razza chiusa nell’immenso recinto che è il mondo, incapace di perpetuare quella fratellanza che lega tutti gli esseri viventi, e la vita stessa, da millenni. Così, da questo piccolo angolo dell’universo che è il piccolo paese dove mi è capitato di vivere, in questa notte fredda, umida di stelle, mi sembra finalmente di capire che davvero non  so nulla, tranne forse che non c’è proprio niente da sapere. E che in questa ricerca affannosa delle ragioni e dei perché della vita, stiamo perdendo di vista quella che è la cosa più meravigliosa che ci resta da fare. Vivere ed amare la vita. Anche quella degli altri.

D. V.

Nuove specie

02:27 Posted In Edit This 0 Comments »
Da tempo sul nostro blog riportiamo studi tratti dal mondo scientifico; secondo uno di questi in tutto il pianeta sono presenti circa 8 milioni di specie, tra flora e fauna, la maggior parte delle quali ancora non scoperte o catalogate. Il 2011, da questo punto di vista, è stato molto florido perché ci permette di cancellare oltre 19 mila di queste specie dalla lista delle sconosciute. Grazie a migliaia di ricerche oggi conosciamo tantissimi nuovi animali e piante e possiamo sentirci tutti un po’ più ricchi, dato che la ricchezza non è solo quella economica. L’ufficialità è venuta con il  2011 State of Observed Species che ha sancito la registrazione di 19.232 nuove specie nel 2009. Infatti lo studio è stato completato nel 2011, ma raccoglieva i dati di tutte le ricerche avvenute fino a due anni prima, il che fa sperare che in questi ultimi due anni questo numero sia ancora più elevato. Non siamo sorpresi dallo scoprire che la maggior parte di queste nuova specie sono insetti, il 50% circa, seguiti dalle piante vascolari, l’11,3%. Ma ci sono anche 41 mammiferi, per la gioia di grandi e piccini, quasi tutti pipistrelli e roditori. Tornando agli insetti, i ricercatori fanno notare come siano i coleotteri quelli che meno di tutti si conoscevano, dato che nel solo 2009 ne sono state scoperte ben 3485 specie diverse. Tra gli anfibi la fanno da padrona le rane (il 90%), mentre tra i pesci per lo più si trattava di pesciolini piccoli, tra le specie più piccole della Terra, anche se sono state scoperte nuove specie di pesci che normalmente sono presenti negli acquari come il pesce angelo e la castagnola. Ovviamente non potevano mancare i crostacei (gamberi, granchi, aragoste, ecc.) e i rettili, di cui quasi il 65% serpenti, ma anche lucertole e gechi. Infine non potevano mancare i funghi e i ragni. Chi l’ha detto che le nuove specie dovevano essere per forza belle da vedere? La vita è un immenso cantiere dove si lavora giorno e notte per il futuro, anche il nostro futuro.

D. V.

Acqua e arsenico

10:56 Posted In Edit This 0 Comments »
L'acqua = a vita. È qualche cosa in più di una semplice equazione e non ci stancheremo mai di affermarlo!
Tempo fa avevamo denunciato un problema gravissimo che non accadeva solo in Italia, ma in molte parti del mondo. L’acqua corrente che esce dai nostri rubinetti in molti casi è contaminata. Non soltanto a causa delle vecchie tubature, ma per dei prodotti chimici disciolti al suo interno. E’ capitato così che una class action avviata in diverse regioni del Centro-Nord ha ottenuto oggi una sentenza favorevole. Il Tar del Lazio ha infatti condannato il Ministero dell’Ambiente e quello della Salute al riscarcimento danni per 100 euro a testa per ogni parte in causa a causa dell’arsenico trovato nell’acqua. La denuncia da parte degli accusatori è la presenza di arsenico e amianto in quantità al di sopra delle norme stabilite dall’Unione Europea, nell’acqua che raggiungeva le loro abitazioni. Secondo quanto stabilito dal Tar infatti, l’acqua fornita ai cittadini dev’essere salubre e la tariffa dev’essere legata proprio a questa qualità. Per questo motivo i ministeri ora dovranno risarcire 100 euro a testa in modo da “rimborsare” i consumatori di una bolletta che non ha motivo di esistere se il servizio offerto non è di qualità. Questa decisione ora, secondo il Codacons, porterà a migliaia di ricorsi di altri cittadini a caccia di un risarcimento danni, ed anche se questa vicenda li fa sembrare un po’ come degli avvoltoi, non si può dire che non abbiano ragione. Una recente ricerca condotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in Bangladesh ha notato come l’acqua contaminata da arsenico, anche se in piccolissime dosi, abbia causato il 21% di morti totali del Paese in quel periodo e nel 24% dei casi abbia fatto insorgere malattie croniche gravi come tumori al fegato, cistifellea, alla pelle e malattie cardiovascolari. La sentenza, che per ora ha interessato solo alcuni cittadini di Lazio, Toscana, Trentino Alto Adige, Lombardia e Umbria, potrebbe presto allargarsi a tutta Italia, e chissà che non sia la volta buona che il servizio idrico nazionale venga finalmente aggiornato e migliorato.

Fonte (Repubblica)
D. V.

Trivelle a go go

01:01 Posted In Edit This 0 Comments »
Succedono cose strane in questa nazione, amici dell'ambiente, e una delle nuove anomalie ce la segnala ancora una volta il WWF.
Non è la prima volta che Wwf segnala il mare di trivelle che degrada il nostro Paese ma questa volta il dossier denuncia anche una mancata deliberalizzazione in merito. Il governo Monti avrebbe salvato in extremis l’Italia cancellando degli articoli previsti per liberalizzare la ricerca di petrolio e di gas su territorio nazionale. Il rapporto di Wwf parte da un presupposto molto semplice e chiaro.  In Italia gli esperti sono concordi nell’affermare che di petrolio ce n’è poco, e di scarsa qualità; localizzato nei pressi della costa in aree marine protette o contesti urbanizzati, dunque.  Non dovrebbero esserci appetiti delle compagnie petrolifere. Eppure assistiamo a un progressivo saccheggio di oro nero e gas. Un’aggressione al territorio che avviene nell’indifferenza della politica e che rischia di depotenziare le notre armi migliori: il turismo da un lato, e dall’altro il patrimonio artistico per cui siamo famosi.  Temiamo per le sorti dei grandi vertebrati come i delfini e i cetacei che potrebbero essere seriamente minacciati dal forte impatto inquinante dell’attività antropica, con danni sugli esseri viventi di carattere teratogeno, mutageno e cancerogeno. Si legge nel dossier che in Italia sono stati estratti nel 2010 8 miliardi di metri cubi di gas e 5 milioni di tonnellate di petrolio, che in percentuale fanno appena lo 0,1% della produzione complessiva. Ci si chiede perché allora il nostro Paese sia tanto appetibile per le compagnie petrolifere, visto che di petrolio difatti non ve ne è? La risposta viene fornita da Maria Rita D’Orsogna, docente di Fisica all’Università di Northridge, in California. Semplice: la legislazione di casa nostra è scandalosa, nel senso che favorisce al massimo le ditte estrattrici, mortificando invece le aree invase da pozzi e piattaforme. Il tutto con seri rischi per la salute e crescente frustrazione dei cittadini, allarmati per lo sfruttamento ma trascurati dalle autorità nazionali. Il decreto legislativo che regola il settore è il 625 del novembre 1996 in cui si legge “niente è dovuto sotto forma di royalty” per estrazioni dalla terraferma fino a 20mila tonnellate di olio greggio e 20 milioni di metri cubi di gas (dal 2010 sono diventati 25 milioni) e per estrazioni sul mare “entro 50mila tonnellate di olio greggio e 50 milioni di gas (80 milioni dopo il 2010). Come potete facilmente immaginare amici miei, qui in Italia è terra di nessuno, qui chi arriva fa i comodi e gli interessi suoi.  Noi siamo ricchi, le risorse noi le regaliamo!
D. V.

Temperature planetarie

00:42 Posted In Edit This 0 Comments »
Ci sono buone notizie all'orizzonte ma come sempre vengono vanificate dalla cruda realtà dei dati scentifici. La buona notizia è che dopo diversi anni di record battuti, il 2011 è stato un anno in cui le temperature medie sono state lievemente inferiori a quelle precedenti. La cattiva è che si tratta comunque di uno degli anni più caldi della storia. Un trend che se non verrà rapidamente interrotto ci porterà diritti nel baratro. Lo ha stabilito la Nasa che ogni anno calcola le temperature medie e le confronta con i dati risalenti sin dal 1880. Questo dato si può leggere in entrambi i punti di vista, positivo e negativo, in quanto non segue l’andamento sempre più caldo di quelli precedenti (a partire dagli anni 2000 le temperature salivano di anno in anno fino a raggiungere il picco nel 2010), ma è sempre più alta della media. In particolare, secondo il NASA Goddard Institute for Space Studies (GISS) di New York che si occupa di confrontare queste misurazioni, la temperatura media del 2011 è stata di mezzo grado superiore a quella della media del ventesimo secolo, il che fa capire come, nonostante gli sforzi per tenere giù le temperature stiano dando i primi effetti, siamo ancora al di sopra di qualche decennio fa.     Sappiamo che il pianeta sta assorbendo più energia di quanta ne emetta. Così continuiamo a vedere una tendenza verso temperature più elevate. Anche con gli effetti del raffreddamento di una forte influenza de La Niña e per la bassa attività solare per diversi anni, il 2011 rientra tra i 10 anni più caldi della storia ha dichiarato il direttore del GISS James E. Hansen. Ed in effetti la differenza tra la media dell’ultimo anno e quella dell’anno record 2010 è davvero di poco, 0,22 gradi Celsius. Purtroppo le previsioni sono pessimistiche visto che, nonostante lo scorso calo, gli scienziati pensano che in futuro le temperature potranno di nuovo aumentare. Il motivo è da ricercare nell’aumento delle concentrazioni dei gas ad effetto serra, soprattutto anidride carbonica, i quali assorbono la radiazione infrarossa emessa dalla Terra aumentando l’energia che rimane “intrappolata” nell’atmosfera, portando a temperature più elevate. Per avere un’idea di cosa stiamo parlando, basti pensare che nel 1880, anno della prima rilevazione, il livello di anidride carbonica nell’atmosfera ammontava a 285 parti per milione; nel 1960 è salito a 315 mentre oggi ha superato i 390, già al di sopra del livello massimo di guardia che però non mostra segni di flessione. Come sempre l'agricoltura sul banco degli imputati, questa pratica che ha sfamato il pianeta per generazioni rischia di diventare, alla soglia degli 8miliardi di persone, la nostra fossa ecologica.
D. V.

Efficenza energetica

00:16 Posted In Edit This 0 Comments »
La buona notizia è che i compiti a casa li abbiamo fatti. La cattiva è che per essere promossi dobbiamo ancora studiare. Si può sintetizzare così la tabella redatta dall’Enea sul Piano d’Azione Italiano per l’Efficienza Energetica. In breve si tratta di uno studio che mirava a stimolare gli italiani a consumare meno energia in modo da risparmiare sia economicamente che in fatto di emissioni. Divisa in quattro categorie (residenziale, terziario, industria e trasporti), l’Italia doveva raggiungere una serie di obiettivi stabiliti al 2010 e al 2016 per ridurre la propria impronta di carbonio. Ce l’ha fatta? Sì, ce l’ha fatta, ma non con numeri incoraggianti, e di certo ancora non possiamo dormire sonni tranquilli. Infatti, secondo il rapporto presentato al ministero, non è detto che questi risultati siano positivi per gli sforzi degli italiani, ma soprattutto per quanto riguarda l’industria, possono essere legati alla crisi economica che ha portato alla chiusura di molte aziende e che quindi derivano da una minore produzione e non da una migliore efficienza energetica. Inoltre terziario e trasporti, seppur di poco, non hanno raggiunto i loro obiettivi, e su questo c’è da riflettere. Per quanto riguarda il settore residenziale forse abbiamo l’unico dato strutturale visto che, grazie agli incentivi per la riqualificazione, effettivamente le case sono meglio isolate e gli impianti sono più efficienti di prima. Un altro punto a sfavore dell’ottimismo sta nel fatto che forse le stime sono state troppo basse e che le abbiamo raggiunte così facilmente proprio perché non richiedevano un grande sforzo. I numeri: l’obiettivo al 2010 di risparmio energetico nel settore residenziale era di quasi 17 mila GW/h all’anno. Ne sono stati risparmiati oltre 31 mila, quasi il doppio, numeri positivi che ci fanno avvicinare all’obiettivo dei 56 mila fissato per il 2016 e che, di questo passo, potrebbero essere raggiunti già quest’anno o il prossimo al massimo. Nel settore dell’industria il miglioramento arriva di poco, 8 mila GW/h contro 7 mila, mentre siamo rimasti al di sotto nel terziario (cinquemila contro ottomila) e nel settore dei trasporti con 2.972 contro 3.490. Complessivamente però il risparmio energetico è stato notevole, con oltre 47 mila gigawattora annui risparmiati contro un obiettivo di trentacinquemila circa, ma l’importante è considerare questi numeri come un punto di partenza e non come uno di arrivo. Insomma ci muoviamo amici dell'ambiente, ma piano molto piano.
D. V.

Spreco di cibo

05:59 Edit This 0 Comments »
Buttiamo troppo cibo. Non solo noi italiani ma praticamente tutto il mondo Occidentale ogni giorno perpretra un crimine indicibile: getta del cibo buono mentre ci sono oltre un miliardo di persone che soffrono la fame. Un delitto che non si addice ad una società che si autodefinisce civile, e almeno per quanto riguarda l’Europa, il massimo organo continentale, il Parlamento Europeo, ha deciso di prendere provvedimenti. Un’idea dello spreco? Secondo i dati FAO, considerando il cibo buono che viene gettato solo in Italia, si potrebbe dare da mangiare ad una popolazione grande quanto quella della Spagna. Un terzo del cibo prodotto in tutto il mondo finisce nell’immondizia, con una media di 179 chili all’anno per ogni europeo. Se voi non gettate mai cibo buono in casa vostra e questo dato vi sembra strano, basti pensare a quanti pasti cotti e non consumati vengono gettati nei fast food, nei take away, o al pane che viene gettato dai panifici a fine giornata. Il problema inoltre non è solo il gesto in sé, ma la quantità di materiale che va perduto. Per materiale si intende l’acqua (solo in Italia si spreca tanta acqua da riempire per un decimo il Mar Adriatico), ma anche suolo ed energia. Secondo i dati di Last Minute Market, il cibo più sprecato sono i latticini, di cui circa un terzo (il 32%) non viene consumato. A seguire troviamo la carne, le uova, pasta, pane e pesce, per uno spreco pro-capite quantificabile in quasi 1.700 euro l’anno. Per questo l’UE ha deciso di dedicare il 2014 alla lotta agli sprechi e sta progettando sin da ora delle direttive, che entreranno in vigore tra due anni, per tentare di ridurre questa piaga sociale.Con il voto in aula a Strasburgo arriva a compimento un lavoro iniziato oltre un anno fa, quando a Bruxelles è stata approvata la dichiarazione congiunta contro lo spreco, grazie all’iniziativa di Last Minute Market, ed è partito il percorso istituzionale che ha segnato adesso un notevole salto di qualità: la più importante istituzione europea ha assunto ufficialmente il tema dello spreco alimentare come questione centrale nella sua agenda. A questo punto il Parlamento europeo ha fatto la sua parte e la Commissione è chiamata a definire una strategia vincolante per i 27 Paesi, in grado di promuovere azioni concrete contro lo spreco di alimenti, a partire dall’istituzione del 2014 Anno europeo contro lo spreco alimentare ha spiegato Salvatore Caronna, parlamentare europeo che ha avviato la battaglia insieme ai suoi colleghi. Le strategie non sono state rese note, ma è chiaro che tutto comincia da una campagna di informazione per far rendere coscienti le persone del delitto che stanno compiendo.

D. V.

Un secondo

05:51 Posted In Edit This 0 Comments »




Credo siamo giunti al capolinea amici dell'ambiente, finalmente quell'annosa diatriba che ha visto contrapporsi gli scienziati di mezzo mondo sta per concludersi. Stiamo parlando della guerra del "secondo", si proprio quel secondo che non riesce a mettere d'accordo nessuno. Perché per via dell’incredibile precisione degli orologi atomici inventati dall’uomo, si verifica periodicamente una discrepanza – appunto di un secondo – tra il tempo misurato da quegli strumenti inventati dall’uomo e quello basato sulla naturale rotazione terrestre, imprecisa ed imperfetta. Si è deciso quindi di non fermare più gli orologi atomici per un secondo, “obbedendo” all’imperfezione temporale del nostro pianeta. Sarà, insomma, il tempo “umano” a vincere su quello della Terra. La pretesa umana di imporre la sua volontà non solo agli altri uomini, ma anche alle cose e alla natura, troverà dunque l’ennesima conferma. Certo, si tratta solo un secondo, e sembra – anzi è – una questione di lana caprina. E’ triste però che in tempi bui come questi dove c'è un gran bisogno di "naturalità", gli uomini continuino a non capire che la bellezza della vita, come quella delle persone, sta nella magnifica armonia dell’imperfezione, non nella fredda linearità della perfezione. Ci sarebbero migliaia di bellissimi modi per amare ed ammirare questo splendido, e per certi versi, unico pianeta in cui viviamo, basterebbe rispettarlo e rispettare i suoi tempi. Ma soprattutto, è ridicolo pensare all’Uomo che rivolgendosi alla Terra, ai suoi Oceani, ai suoi Continenti, alle sue nuvole, al suo vento e alle sue stelle dica: “Ora fermati, e aspetta un attimo”.

D. V.

Autostrade ciclabili

12:20 Posted In Edit This 0 Comments »




Mentre in Italia continuiamo a dibattere sulle piste ciclabili che non riusciamo proprio a realizzare, nel resto d’Europa sono già avanti e le autostrade per biciclette spuntano come funghi. La Germania è partita per prima ma ora siamo già al passo successivo visto che anche in Inghilterra ed in Svezia ci sono progetti simili. In particolare nel Paese scandinavo sembra che la due ruote vada molto più di moda rispetto all’automobile. L’idea è venuta dopo aver valutato che nella città di Lund il 60% della popolazione si sposta in bicicletta, o al massimo con i mezzi pubblici. Essa si trova ad appena 20 km dalla terza città più grande della Svezia, Malmoe, che è considerata la più bike-friendly del Paese. Non che le altre, come Stoccolma e Goteborg, non lo siano, visto che anche lì le stazioni del bike-sharing sono sempre prese d’assalto. E così si è pensato bene di realizzare un’autostrada esclusivamente per biciclette che colleghi questi due borghi.  Questa autostrada è stata presa in considerazione anche per una sorta di gara alla città più bike-friendly al mondo, titolo che per ora è detenuto da Copenhagen dove le bici sono la stragrande maggioranza rispetto alle auto. L’amministrazione di Malmoe da anni ha intrapreso iniziative atte a spostare la popolazione dalle quattro alle due ruote, ed ha visto premiare i suoi sforzi con un incremento del 30% all’anno nell’utilizzo delle biciclette e con un crollo dei dati di percorrenza delle automobili al di sotto dei 5 km. Tornando alla nostra autostrada, essa sarà formata da 4 corsie (due per ogni senso di marcia) per una lunghezza di 20 chilometri ed un costo di circa 5 milioni e mezzo di euro. Inoltre questa servirà anche per aumentare il verde visto che per proteggere i ciclisti dal vento si sta pensando di piantare dei cespugli che fungano da protezioni lungo tutto il percorso. Noi, che viviamo circa con vent’anni di ritardo rispetto ai Paesi scandinavi, non chiediamo che le nostre città siano collegate da autostrade, ma ci basterebbe che almeno all’interno dei confini cittadini ci fossero delle piste ciclabili sicure e che permettano di raggiungere qualsiasi angolo della città. Chiediamo troppo?
D. V.

Il clima se ne va

05:41 Posted In Edit This 0 Comments »
Guardo il termometro posto fuori dalla finestra, -6 gradi! Una mattina  da brividi. Guardo lontano verso la campagna  stretta nella morsa del gelo e mi metto a giocare con i miei pensieri. Chissà com’era questo posto nel 1775, all’alba della rivoluzione industriale? Forse c’era una fitta macchia mediterranea, animali selvatici e qualche sperduto viandante in cammino verso la città. E chissà come sarà questo posto tra 100 anni?  Difficile da dire...molti scienziati pensano che l’Italia (e non solo) rischia di diventare, nel giro di un secolo, praticamente un deserto. Colpa dei cambiamenti climatici, dell’aumento delle temperature medie, che sembra accelerare inarrestabile, come un’auto che precipita in un burrone. Di recente il responsabile dell'Onu per i rifugiati, Antonio Gutierres ha detto che  "Quasi tutti i modelli che considerano gli effetti a lungo termine dei cambiamenti climatici prevedono una continua desertificazione, al punto da annullare prospettive di vita in molte parti del mondo". Ma da che dipendono questi cambiamenti? Molti dicono che la colpa sia delle emissioni di CO2. La concentrazione di CO2 nell’aria era di 280 ppm (parti per milione) nel 1775, mentre oggi è di 379 ppm. E cresce vorticosamente: negli ultimi 40 anni è aumentata di 1,4 ppm all’anno; negli ultimi dieci ha accelerato ancora, crescendo di 1,9 ppm all’anno. Non so se l’aumento delle temperature dipenda solo dalla CO2 emessa dalle nostre auto, dalle nostre fabbriche, dai nostri riscaldamenti. Ma so che la distruzione degli habitat, l’uso invasivo del suolo, l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, l’urbanizzazione selvaggia, l’inquinamento non fanno bene alla terra in cui mi è capitato di vivere, in cui sono vissuti i miei antenati e in cui dovrebbero vivere i miei figli e nipoti. Penso che se qualcuno entrasse in questa mia casa che ora sonnecchia in questa luminosa mattina, e cominciasse a imbrattare le mura, a rompere gli oggetti, a cambiare la disposizione dei mobili, non sarei tanto contento. E’ casa mia, in fondo. E l’inquinamento delle falde acquifere, le emissioni di CO2 dalle parti di Calcutta, o a Sidney? Mi riguardano o sono cose lontane? Anche questo non lo so, ma penso ai disastri provocati dagli uragani; oppure a quando, bambino, non potevo mangiare la frutta e la verdura perché in un posto lontano, Cernobyl, c’era stato un incidente nucleare, e penso che in fondo il mondo non è poi così grande come a volte può sembrare. Sì, ma io che posso fare? Devo rinunciare alle mie comodità, oppure pagare un sacco di soldi per salvaguardare la natura, l’ambiente, ammesso che sia vero tutto quello che dicono. Perché ora tutto sommato, mi sembra che questo inquinamento non mi costi poi molto, anche se la Banca Mondiale e l’Ufficio Geologico degli Stati Uniti stimano che le perdite economiche globali dovute ai disastri naturali negli anni 2000 sono state di 380 miliardi di dollari (spesi, attraverso le tasse, dai vari governi) mentre sarebbero bastati 40 miliardi di dollari per evitarli se si fosse investito in misure di prevenzione. E che la salute degli animali, e degli uomini, è spesso minacciata dalle conseguenze dell'inquinamento. E, dicono, la miglior prevenzione sembra sia proprio la tutela dei sistemi naturali. Salvare il salvabile. Nel frattempo, tanta gente sarà nata, e tanta purtroppo sarà morta in questo pianeta, tutto sommato non immenso. Il chiarore s’è fatto più forte. Respiro, a pieni polmoni l’aria fredda del mattino. Guardo lontano cercando inutilmente una risposta, abbiamo ancora tempo?

D.V.

Balene

05:32 Posted In Edit This 0 Comments »
Una proposta shock e forse non valutata nella sua ampiezza è stata effettuata da tre scienziati su Nature. Una proposta, dicevamo, che al momento sembrava destinata, se non a risolvere il problema, almeno a riportarlo il dibattito sulle prime pagine dei giornali. Parliamo della mattanza delle balene. Secondo gli autori di un articolo recentemente apparso sulla rivista scientifica, per risolvere il problema dell’uccisione delle balene basterebbe assegnare ad ogni esemplare una quota, la quale entrerebbe in un mercato come qualsiasi altra merce. L’idea è di salvaguardare le balene a prezzi inferiori rispetto a quanto le associazioni animaliste oggi non spendano per contrastare la caccia. Ma come vedremo, non tutto è stato previsto. Il meccanismo ipotizzato dall’economista Christopher Costello e dai biologi marini Steven Gaines dell’Università della California di Santa Barbara e Leah Gerber dell’Università dell’Arizona di Tempe prevede che le balene siano in un certo senso quotate come le azioni: io acquisto una balena ad un euro, un cacciatore può acquistare il diritto di cacciarla a due, ma una terza persona può superare la sua offerta per salvarla a tre e così via.    La nostra proposta è quella di lanciare un percorso alternativo che potrebbe far uscire dallo stallo: quote che possono essere comprate e vendute, creando un mercato economicamente, ecologicamente e socialmente sostenibile per cacciatori di balene e balene. L’idea è venuta dopo il fallimento del precedente accordo tra le nazioni che si oppongono alla caccia delle balene (cioè tutte) ed il Giappone che ufficialmente la autorizza a scopi scientifici, che prevedeva un tetto massimo al numero di esemplari cacciabili. Ma come purtroppo sappiamo, questo accordo non è mai stato rispettato. Purtroppo, anche se in linea di principio l’idea non è male, è l’applicabilità che pecca un po’, e questo un economista dovrebbe pur saperlo. Ad esempio chi ha il diritto di detenere le quote da immettere sul mercato? Quando una persona vuole acquistare i diritti su una balena per la prima volta, a chi dovrà versare il denaro? E poi, se tutte le quote di tutte le balene fossero acquistate dai cacciatori, non rischiamo di ritrovarci in breve tempo con un’intera specie estinta? E se invece, nella migliore delle ipotesi, le quote fossero acquistate dai “difensori delle balene”, chi vieterà ai cacciatori di cacciarle ugualmente? Serviranno sempre dei volontari, come quelli di Sea Shepherd o di Greenpeace, che controllano, ma se loro avranno speso tutti i loro fondi per acquistare le balene, come potranno inseguire le baleniere per tutto l’oceano? Domande che forse i tre scienziati avrebbero potuto porsi prima di pubblicare l’articolo. Ora bisogna muoversi velocemente per recuperare il tempo perduto.

D. V.

Fame nel modo (seconda parte)

01:02 Posted In Edit This 0 Comments »
Fermare l’espansione dei terreni agricoli.
La prima raccomandazione è fermare l’espansione dell’agricoltura, in particolare nelle foreste tropicali e nelle savane. La distruzione di questi ecosistemi ha conseguenze irreparabili sull’ambiente, soprattutto in termini di perdita di bio-diversità ed emissioni di anidride carbonica derivanti dal disboscamento. Il rallentamento della deforestazione ridirebbe sensibilmente i danni all’ambiente, causando solo una diminuzione minima della produzione alimentare, che si potrebbe facilmente compensare salvando i terreni più produttivi dall’espansione delle aree  urbane, dal degrado e dall’abbandono.  Un altro deterrente a un incremento delle coltivazioni nelle foreste fluviali riguarda i danni ambientali, che già oggi sono considerevoli. Solo il nostro uso dell’energia, con il suo profondo impatto con il clima, e l’acidificazione degli oceani, competono con l’impatto devastante dell’agricoltura. Le stime degli ultimi studi indicano che l’agricoltura ha già distrutto o trasformato radicalmente il 70% dei pascoli, il 50% delle savane, il 45% delle foreste decidue temperate e il 25% delle foreste tropicali. Tutto questo solo nell’ultimo mezzo secolo. Dall’ultima era glaciale, nessun altro fattore ha avuto un impatto così distruttivo sugli ecosistemi. L’area occupata dalle attività agricole è pari a 60 volte quella di strade ed edifici del pianeta. Le fonti di acqua dolce sono la seconda vittima. Ogni anno sfruttiamo 4000 chilometri cubi di acqua, prelevati principalmente da fiumi e falde acquifere sotterranee. Irrigazione è responsabile del 70% di questo consumo. Se però calcoliamo solo l’acqua consumata, cioe quella che non è restituita al bacino di provenienza, allora l’irrigazione agricola è responsabile dell’80-90 per cento del consumo totale. Come conseguenza, la portata di molti grandi fiumi è diminuita arrivando anche al prosciugamento e in alcune zone, tra cui grandi aree degli Stati Uniti e dell’India, le falde acquifere stanno rapidamente esaurendosi. Oltre al prelievo eccessivo, l’acqua subisce anche un pesante inquinamento. Fertlizzanti e fitofarmaci sono usati in quantità incredibili, e oramai hanno inquinati tutti gli ecosistemi. Dal 1960 il flusso di Azoto e fosforo attraverso l’ambiente è più che raddoppiato, causando un pericolosissimo inquinamento idrico ed enormi zone biologicamente “morte”, ipossicamente morte, molte delle quali in corrispondenza delle foci dei fiumi. Come potete capire da questi studi amici dell’ambiente l’agricoltura è il nostro vero  tallone d’Achille, per non parlare di vero nemico dell’ambiente.

Fonte (le Scienses)
D. V.

Rifiuti e corte dei conti

11:56 Posted In Edit This 0 Comments »
L'unione europea si è espressa amici dell'ambiente. Era nell'aria ed è arrivata la sentenza: l’Italia non può far vivere nei rifiuti i suoi cittadini, e per questo è stata condannata ad una pena simbolica da parte della Corte per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Il giudice, si legge nella motivazione, ha condannato l’Italia a causa di una emergenza infinita. Dal 1994 al 2009 infatti in Campania l’emergenza rifiuti è rimasta tale e quale, costringendo i cittadini a vivere un mezzo all’immondizia come in una bidonville del terzo mondo. Per questo 18 abitanti di Somma Vesuviana si erano uniti in una class action per chiedere i danni alla Corte di Strasburgo, ma oltre al danno hanno ricevuto anche la beffa. I napoletani infatti avevano chiesto un risarcimento a causa dei problemi di salute che occorrono quando si vive in quelle situazione di disagio, ma la Corte, pur riconoscendo la mancanza di “umanità”, non ha stabilito danni reali. Secondo il giudice infatti, gli studi sulle conseguenze per la salute non sono stati sufficientemente concreti da stabilire un risarcimento danni. Insomma, c’è la possibilità che vivere nell’immondizia faccia male, ma non si sa quanto. Per questo è stata respinta la richiesta di risarcimento di 15 mila euro fatta dall’accusa. Ma non finisce qui. Infatti la beffa ha colpito praticamente tutti. Ha colpito l’Italia per l’ennesima magra figura a livello europeo, ha colpito i cittadini che si ritrovano ancora nell’immondizia senza però il risarcimento, ed ha colpito persino l’avvocato della class action, la categoria che di solito ci guadagna più di tutti, che ha chiesto 20 mila euro di spese legali, ma se n’è viste riconoscere solo 2.500. Beffata anche la nuova amministrazione De Magistris, con il sindaco che lamenta di dover pagare per i danni realizzati dalle amministrazioni precedenti. L’unica ad essere d’accordo è Legambiente che parla di una sentenza “assolutamente condivisibile” che però ricorda che il problema non è solo campano, ma la soluzione dev’essere adottata un po’ in tutta Italia. Che dire che già non sapevamo...........

D. V.

Fame nel mondo (prima parte)

10:50 Posted In Edit This 0 Comments »
Un miliardo di persone nel mondo soffre la fame cronica. Gli agricoltori producono cibo a sufficienza anche per loro, ma non è distribuito in modo adeguato. E, anche se lo fosse, molte di queste persone non potrebbero permettersi di di acquistare prodotti alimentari perchè i prezzi stanno aumentando. All'orizzonte però c'è un problema ancor più grave. Entro il 2050 la popolazione mondiale crescerà di due o tre miliardi di persone. Probabilmente questo incremento porterà ad un raddoppio della domanda di cibo, come suggerito da diversi importantii studi. La domanda aumenterà anche perchè sempre più persone avranno redditi più alti, e quindi vorranno mangiare di più. Con l'abbattimento delle foreste tropicali, lo sfruttamento dei terreni marginali e l'uso di tecniche intensive in zone ecologicamente sensibili abbiamo trasformato l'agricoltura nella principale minaccia ambientale del pianeta. Già oggi l'agricoltura consuma una grande percentuale della superficie terrestre e sta distruggendo habitat, consumando risorse idriche, inquinando fiumi e oceani, oltre ad emettere una quantità spaventosa di  di gas serra. Per garantire la salute a lungo termine del pianeta si deve ridurre drasticamente l'impatto negativo dell'agricoltura. A prima vista il sistema per sfamare più persone sembrerebbe ovvio: produrre più cibo aumentando l'estensione delle coltivazioni e le rese per ettaro. Purtroppo però queste strade non sono più percorribili. Se escludiamo Groenlandia e Antartide, attualmente coltiviamo il 38% delle terre emerse. L'agricoltura è di gran lunga l'attività umana che usa più terreno in assoluto sul pianeta, e la maggior parte di di questo 38% include i terreni migliori. Quel che resta è composto principalmente da deserti, montagne, tundra, ghiaccio, città e altre aree non adatte alla coltivazione. A questo gravissimo problema gli scienziati di tutto il mondo si sono trovati concordi nell'affermare che è giunto il momento di cambiare rotta. L'agricoltura moderna ha avuto un ruolo estremamente positivo per il mondo, ma non possiamo più ignorare i danni sempre più gravi che provoca all'ambiente e il fatto che abbia oramai raggiunto i propri limiti di crescita. In passato il problema alimentare e quello ambientale sembravano inconciliabili: si sarebbe potuto produrre più cibo disboscando più terreni e usando più acqua e prodotti chimici, ma tutto avrebbe ripercussioni negative sull'ambiente; oppure si potevano ripristinare gli ecosistemi riducendo l'estensione delle coltivazioni, ma a spese della produzione alimentare. Questo approccio non è più accettabile: abbiamo bisogno di ben altre soluzioni. Dopo anni di ricerche ed analisi approfondite questi scienziati sono giunti alla costruzione di un piano mondiale diviso in cinque fasi.
Prima parte. Fonte (Le Sciences)

GVA

Dizionario dei rifiuti

12:05 Posted In Edit This 0 Comments »




Le feste se ne sono andate e con loro le luci colorate, cenoni, balli, frizzi e lazzi. Ora dobbiamo raccogliere i cocci. Non sapete come riciclare l’albero di Natale? La carta degli affettati si può differenziare con la carta o va nel cassonetto indifferenziato? Il legno si può riciclare? Per rispondere a tutte le domande di un consumatore responsabile e attento all’ambiente e all’ecologia, nasce il Dizionario dei Rifiuti online, gratuito, facile da usare e utilissimo! Vediamo insieme come funziona e come renderlo uno strumento utile per le nostre case. Il Dizionario dei Rifiuti è un vero e proprio motore di ricerca, ideato per smartphone e per sistemi operativi Android, ma ora approdato sul web grazie all’intuizione di uno studente di soli 18 anni, Francesco Cucari. Scrivendo sul motore di ricerca il tipo di rifiuto che vogliamo smaltire, e cliccando su “getta”, potremo conoscere le modalità di smaltimento del rifiuto in questione grazie ad una scheda di facile lettura che spiega come e dove riciclare quello specifico oggetto. Il Dizionario oltre a fornire informazioni sul corretto smaltimento dei rifiuti, grazie all’applicazione “geolocalizzazione” può indicare le modalità di raccolta differenziata nel proprio Comune di residenza se questo appartiere ai Comuni Differenti, quelli in cui la raccolta differenziata è una realtà tutelata e gestita da legislazioni specifiche. Per il momento le regioni Lazio e Lombardia, per esempio, non sono nell’elenco per cui non è possibile conoscere le modalità di raccolta dei rifiuti nei singoli comuni. A differenza della regione Campania che vede geolocalizzato il comune di Napoli, uno dei più estesi su territorio nazionale. Facendo una ricerca per tipologia di rifiuto, si può conoscere la normativa nazionale in vigore, comunque utile per avere maggiori informazioni e agire di conseguenza. Per testare direttamente il Dizionario dei Rifiuti e conoscere le modalità di raccolta differenziata del proprio Comune vi invitiamo a visitare il sito dedicato all’iniziativa, gratuito e disponibile anche per sistemi operativi Android e smartphone. Un buon servizio che non mancherà di darvi utilissimi consigli.

D.V.

Il nostro futuro

10:57 Posted In Edit This 0 Comments »
Il nostro futuro parte da qui !
Avrei voluto scrivere un vero e proprio racconto “ecologico” del mio girovagare in quel di Annicco e paesi limitrofi ma tantè. Non volendo annoiare nessuno e volendo comunque denunciare un fenomeno che sta diventando ogni anno più evidente, invio solo poche considerazioni e tanta tristezza. Io e la mia compagna frequentiamo strade vicinali, viottoli e sentieri del nostro territorio e abbiamo notato, da parte di numerosi frequentatori di queste zone, il continuo aumento del disinteresse per la pulizia e la conservazione di questi luoghi. Non ci è sembrato peraltro di cogliere alcun segno di iniziative di sensibilizzazione da parte delle amministrazioni comunali competenti. Non si nota un cartello di sensibilizzazione, un divieto, una raccomandazione. Nulla!  Parlo dei luoghi che normalmente frequentiamo e che frequentano tutte quelle persone che si avventurano nelle nostre campagne per assaporare quel poco che resta della passata freschezza. Per chi come noi ha avuto la fortuna di godere e ammirare la nostra terra, tanti anni fa, quando ancora ci si abbeverava alle sorgenti, risulta doloroso assistere a questo scempio ecologico che ci sta condannando ad un futuro incerto e buio. Quello che colpisce e per certi versi stupisce, è l'insensibilità della maggior parte delle persone. La roggia inquinata e putrida è stata accettata come inevitabile, la plastica disseminata fin nei luoghi più improbabili risulta invisibile all'occhio, ed è prassi oramai consolidata buttare qualsiasi cartaccia od oggetto che ci capita tra le mani. Uno scempio ecologico di scala nazionale, capace di condizionare e accorciare la nostra vita è entrato a far parte delle nostre abitudini di tutti i giorni. L'arrivo massiccio di stranieri poi ha dato il colpo di grazia a questo già ben consolidato malcostume, sacchi e borsine di immondizia sono presenti in ogni roggia e fanno mostra di se sul ciglio di ogni strada. Nuovi totem che stanno li ha dimostrare il decadimento della nostra civiltà, la dissoluzione dei nostri valori di democrazia e di rispetto verso gli altri. Noi non ci stiamo, questo trend non può continuare! Vogliamo gridarlo a tutti, al mondo intero. Noi non ci stiamo! Noi vogliamo tornare a vivere in armonia con la natura e da essa prendere esempio di vita. Mettiamoci tutti di buona volontà amici dell'ambiente, uniamoci, non c'è bisogno di scalare le montagne. Parliamone in casa, al bar, con gli amici , in tutti quei luoghi dove ci sia una persona che sappia ascoltare e chissà che un giorno diventi dei nostri. Credo, e qui penso di non sbagliare affermando, che noi siamo gli ultimi,  l'ultima generazione a cui è concesso fare un passo indietro, porre un freno deciso a questa assurda distruzione del nostro habitat. Ricordiamocelo sempre per non dimenticarlo mai.....noi siamo gli ultimi che possono fare ancora qualche cosa per salvare il nostro futuro.

D.V.

Sicurezza nucleare

09:22 Posted In Edit This 0 Comments »
Le cose non succedono mai per caso amici dell'ambiente e forse è stato proprio il blitz di Greenpeace a far aumentare i timori per la sicurezza nucleare in Francia ma, motivazioni a parte, i principali quotidiani d’oltralpe titolano in questi giorni che il colosso dell’energia francese EdF dovrà investire tra 10 e 15 miliardi di euro per adattare le sue centrali nucleari ai nuovi standard richiesti dall’Autorità per la sicurezza nucleare francese (ANS) dopo gli stress test effettuati in seguito al disastro di Fukushima. La Francia è stata chiamata ad effettuare gli stress test perché, in ambito europeo, è la nazione con il maggior numero di centrali nucleari in attività che dopo l’incidente di Fukushima non ha cambiato la propria politica sul nucleare. Sono 58 le centrali che forniscono energia alla Francia per il 75% del fabbisogno nazionale, e agli stati limitrofi compresa l’Italia. E’ stato il primo ministro Francois Fillon a diramare il rapporto dell’Agenzia per prevenire un incidente grave o limitarne lo sviluppo. Non si parla di chiusura degli impianti perché il loro livello di sicurezza è “sufficiente”, ma di messa in sicurezza. Una necessità che dopo il blitz pacifico di Greenpeace e l’esempio di Fukushima, è tutt’altro che trascurabile. Il rapporto dell’ANS chiede un “rafforzamento oltre gli attuali limiti di sicurezza il più presto possibile” e mette in evidenza nel personale una mancanza di consapevolezza dei reali rischi legati ad eventi sismici e una inadeguata manutenzione degli strumenti per il pompaggio dell’acqua. Entro sei mesi queste mancanze dovranno essere colmate dalle centrali nucleari della Francia. Per rafforzare la sicurezza e per migliorare l’efficacia degli interventi in caso di necessità, l’Agenzia ha richiesto l’istituzione di una forza rapida d’intervento, che potrebbe realizzarsi entro il 2014, capace di intervenire in 24 ore per limitare i danni di una qualsiasi calamità possa abbattersi sugli impianti. Questi interventi che, ricordiamo comporteranno stanziamenti di 10-15 miliardi di euro, dovranno essere sostenuti in parte dai cittadini, con rincari sulla bolletta elettrica. Un altro piccolo passo avanti verso la sicurezza amici del GVA, sappiamo tutti che in caso di incidente nucleare in Francia, i primi ad essere irradiati saremmo proprio noi, visto il tragitto delle perturbazioni.

D.V.

Savana

05:24 Posted In Edit This 0 Comments »
Oggi un'altra brutta notizia amici dell'ambiente tanto per riaffermare che al peggio non c’è mai fine. In Brasile esiste un’area che sembra uno scrigno del tesoro. Si chiama Cerrado, è la più grande savana tropicale che da sola contiene il 5% della biodiversità di tutto il mondo. E sta per essere distrutta. Anzi, questo processo è già iniziato. Il motivo è la coltivazione di una monocultura di soia che dovrà rifornire i supermercati britannici, la quale viene soprannominata, quasi a sfregio, “soia sostenibile”. Purtroppo per noi e per il pianeta di sostenibile non ha un bel niente.La denuncia proviene dal WWF che ha annunciato un’iniziativa per evitare che ciò accada, e cioè inviare e-mail ai supermercati del Regno Unito per chiedergli di acquistare soia da colture davvero sostenibili, cioè che non distruggano altre aree come questa. E finora, fanno sapere dall’associazione animalista, già 30 mila e-mail sono state inviate. Ma finora solo una catena ha accettato di aderire in pieno, alcune lo hanno fatto solo in parte ed altre non hanno per nulla risposto. Può sembrare un’esagerazione visto che non sono in molti a consumare la soia, ma la maggior parte di questa coltura è utilizzata negli allevamenti, e questo fa capire che la quantità che serve è molto elevata. La savana Cerrado, nonostante sia ignota a quasi tutti al di fuori del Brasile, copre il 21% del territorio del grande Stato sudamericano. Purtroppo adesso sta scomparendo più velocemente della foresta amazzonica. La scoperta che il terreno di quest’area potesse essere ottimale per la coltivazione di soia e cereali risale a circa 40 anni fa. Da allora la distruzione è cominciata ed oggi ha raggiunto un’area grande quanto Italia, Germania, Gran Bretagna e Portogallo messi insieme. E purtroppo la distruzione non si è arrestata qui, ma continua e continuerà ancora a lungo se non verrà fermata. A peggiorare la situazione, se mai ce ne fosse bisogno, c’è l’uso dei fertilizzanti e soprattutto dei pesticidi che ammazzano altre specie animali che si erano salvate dalla distruzione del loro habitat, il che fa capire che il problema non riguarda solo l’area occupata, ma è molto più vasto. Il profitto di questo passo ci ucciderà tutti e troppo tardi ci accorgeremo che non potremo vivere senza la natura.
D. V.

[Fonte: The Guardian]

Ecuador e sopravvivenza

00:45 Posted In Edit This 0 Comments »
Che strano è diventato questo pianeta, per soldi si fa tutto, anche vendere le proprie ricchezze al miglior offerente. E’ accaduto in Ecuador, terra in larga parte incontaminata, una terra ancora incontaminata che ospita una delle aree più ricche di biodiversità del pianeta. Ma si sa i soldi fanno tutto di questi tempi e così succede che di fronte alle offerte allettanti delle compagnie petrolifere, il Governo ha ceduto ed ha inizialmente concesso di trivellare l’area del Yasuni National Park, rovinando un paesaggio da fiaba (la foto in copertina lo dimostra). Ma per fortuna non tutto è perduto. Di fronte alla protesta degli ambientalisti per questo che sarebbe stato un colpo mortale all’ecostistema non solo dell’Ecuador, ma di tutto il Sudamerica, alcune autorità locali europee, star del cinema, fondazioni russe e multinazionali di ogni tipo di sono unite ed hanno avviato una raccolta fondi per superare l’offerta della compagnia petrolifera e lasciare l’area incontaminata. E così in poco tempo hanno raccolto 116 milioni di dollari, quasi 90 milioni di euro, per bloccare i lavori. Il parco, della grandezza di oltre mille chilometri quadrati, ospita come esseri umani soltanto due tribù indigene che vivono isolate come quelle di migliaia di anni fa. Intorno a loro c’è una popolazione di mammiferi, uccelli, anfibi e specie vegetali, alcune delle quali non esistono in nessun altro posto sul pianeta. Se quei fondi non fossero stati trovati, si calcolava che gran parte di questo parco sarebbe andato distrutto solo dai lavori per l’estrazione ed il trasporto del petrolio greggio, per non contare eventuali dispersioni ed incidenti vari, per emissioni di circa 400 tonnellate di CO2 all’anno. Hanno partecipato a questa raccolta fondi degli Stati sovrani come Francia, Germania e Belgio, e personalità importanti, dall’immancabile Leonardo di Caprio ad Al Gore, fino al presidente di una banca di New York che ha donato il suo intero stipendio annuale per la causa. Visto il successo che ha riscosso le coscienze di molti governanti, ora anche Nigeria, Camerun, Gabon ed altri Paesi poveri sfruttati per le riserve di petrolio stanno pensando di organizzare una raccolta fondi simile. Qualcosa si muove nelle coscenze umane, chissà se la vita prevarrà sul profitto a tutti i costi.Io me lo auguro.

D.V.

Sigarette

06:18 Posted In Edit This 0 Comments »




Le merci non muoiono mai e dopo che sono state usate diventano rifiuti che ritornano nell’ambiente. Questo vale anche per le sigarette: ogni anno nel mondo se ne fumano circa 6mila miliardi; circa 400 miliardi negli Stati Uniti, 100 miliardi l’anno in Italia. Ogni sigaretta pesa circa un grammo e il fumatore, dopo averla fumata, butta via un residuo, una “merce negativa” inquinante, il mozzicone, che pesa circa 0,3 grammi e che è pieno di decine di sostanze dannose.I mozziconi delle sigarette fumate in Italia hanno un peso di circa 20-30mila tonnellate, poche rispetto ai quasi quaranta milioni di tonnellate dei rifiuti urbani, ma moltissime se si pensa al potenziale inquinante di tali mozziconi. I mozziconi sono costituiti in gran parte dal filtro che trattiene una parte dei numerosissimi composti chimici presenti nel fumo; se si osserva il filtro di un mozzicone, si vede che ha assunto un colore bruno, dovuto alle sostanze trattenute, principalmente nicotina e un insieme di composti che rientrano nel nome generico di “catrame”, contenente anche idrocarburi aromatici policiclici altamente cancerogeni; e poi metalli tossici fra cui cadmio, piombo, arsenico e anche il polonio radioattivo che erano originariamente presenti nelle foglie del tabacco. La natura e la concentrazione delle sostanze presenti nei mozziconi dipendono dalla tecnologia di fabbricazione delle sigarette che le industrie modificano continuamente per renderle più gradite ai consumatori; la natura di molti additivi e ingredienti è tenuta gelosamente segreta, il che non facilita la conoscenza e la limitazione dell’effetto inquinante dei mozziconi abbandonati. Il disturbo ambientale dei mozziconi delle sigarette viene anche dall’acetato di cellulosa del filtro, una sostanza che nelle acque si decompone soltanto dopo anni, tanto che alcune società cercano di proporre sigarette con filtri “biodegradabili”, il che farebbe sparire rapidamente alla vista i mozziconi, ma lascerebbe inalterate in circolazione le sostanze tossiche che il filtro contiene. I mozziconi delle sigarette fumate in casa o nei locali chiusi finiscono in genere nella spazzatura, ma quelli delle sigarette fumate all’aperto o in automobile finiscono direttamente nelle strade e quindi nell’ambiente. I fumatori più attenti – si fa per dire – all’ecologia hanno cura di schiacciare con il piede il mozzicone buttato per terra per spegnerlo del tutto ma anche credendo di diminuirne il disturbo ambientale. Avviene esattamente il contrario: il mozzicone spiaccicato spande tutto intorno le fibre del filtro con il loro carico di sostanze dannose e il residuo di tabacco che è ancora attaccato al filtro; tutto questo resta esposto alle piogge e viene trascinato nelle fogne e poi nei depuratori o sul terreno. Rilevanti effetti tossici sono dovuti alla stessa nicotina presente in ragione di circa 0,25 milligrammi per ogni mozzicone;  non meraviglia perché la nicotina è stata usata come antiparassitario proprio per la sua tossicità verso molti organismi viventi.

E’ vero che di gente incivile che getta cartacce per strada o che non puliscono i bisognini dei loro cani c’è n’è a milioni, ma anche quelli che non lo fanno e che additano i tiratori di cartacce come sporcaccioni, il mozzicone di sigaretta invece lo buttano.  Adducono in loro difesa il solito ritornello; "non saranno i mozziconi di sigaretta raccolti, a cancellare l’inquinamento del nostro pianeta" vero,ma è un gesto semplicissimo e di facilissima attuazione che aiuterebbe a rendere un po’ più belli, puliti e vivibili i luoghi comuni.
D. V.