Il Vallo di Diano

10:56 Posted In Edit This 0 Comments »
C'è un posto in questo bistrattato paese dove un manipolo di ecologisti si oppone al nostro progresso, gente invidiosa a cui il nostro benessere da fastidio. Questo posto (ancora una volta) sta al sud in provincia di Salerno, nel Vallo di Diano. Qui qualche mese la Shell ha chiesto di poter effettuare una trivellazione esplorativa; sembra che in quella zona ci sia petrolio. La Federpetroli è entusiasta. Gli imprenditori sono felici per le possibilità di affari che si apriranno. Ma come sempre c’è chi dice no: popolazioni e amministrazioni comunali del luogo. I soliti disfattisti nemici del progresso che dicono no a tutte le occasioni di sviluppo o che pretendono di averle ma tenendo gli effetti spiacevoli (inceneritori, aeroporti, ecc..) lontani dal cortile di casa. I soliti italiani. Ma che saranno mai un po’ di trivellazioni a 4 mila metri di profondità? Non favorirebbero il ricambio d'aria? Certo, ci sarebbe quello studio geologico che evidenzia che nell’area c’è una preziosa falda acquifera, che quasi certamente collasserebbe a causa delle trivellazioni. Le solite esagerazioni da geologici di provincia. Certo, il Vallo di Diano è un’area protetta, una delle 350 inserite nella rete delle Riserve della biosfera del Mab-Unesco. Fa parte del Parco nazionale del Cilento. Dal 1998 è considerato dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. Ma chi se ne importa, non sono forse quisquilie di fronte al progresso?  Pensate che qualcuno ha la sfaciataggine di asserire che il vero petrolio di quel territorio è quello che sta in superficie, sono i boschi, l’agricoltura biologica, le montagne, il paesaggio naturale e antropico frutto di una evoluzione plurimillenaria. Per molti, troppi, quel qualcuno è un fesso. Un perditempo che non ha niente di meglio da fare che lanciare cassandre. Però che bello essere fessi di tanto in tanto.

D.V.

Il tempo che verrà

11:05 Posted In Edit This 0 Comments »
Se venissero confermate le ipotesi calcolate da un gruppo di ricercatori americani, francesi, britannici ed ecuadoriani, pubblicate su Nature, quando i ghiacciai si scioglieranno definitivamente si potrebbero perdere dall’11 al 38% delle specie animali che vivono in quella zona. Molto spesso queste rischiano l’estinzione perché vivono solo in quelle aree, e scomparse quelle popolazioni non ce ne sarebbero altre “di riserva” altrove. Ciò che resta da capire è quando avverrà questo fenomeno. È sorprendente che malgrado la conservazione della biodiversità acquatica sia considerata una priorità l’effetto del ritiro dei ghiacciai sulla biodiversità dei corsi d’acqua sia stata fino ad ora trascurata afferma uno dei ricercatori. L’analisi è stata effettuata su diverse catene montuose, dalle Alpi alle Ande, fino all’Alaska. Tutte zone in cui si calcola che ci sarà la possibilità di perdere dal 30 al 50% dei ghiacciai, con una conseguente perdita dalle 9 alle 14 specie endemiche dell’area. Senza calcolare i danni agli esseri umani che nel migliore dei casi ci rimetterebbero il lavoro (il turismo sarebbe impossibile e lo sci solo un ricordo), ma nella maggior parte sarebbero costretti a traslocare in quanto verrebbe a mancare l’acqua che gli permette di vivere. Una catastrofe che, almeno per quanto riguarda gli animali, vedrebbe nell’Italia proprio una delle principali zone colpite.     Ci sono diversi casi di estinzione locale in Italia. Per esempio alcune specie di Diamesa (un insetto) che erano presenti sull’Appennino negli anni Settanta del secolo scorso, sono sparite insieme al ghiacciaio del Gran Sasso, quasi scomparso ha affermato Valeria Lencioni, conservatore della Sezione di Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia del Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento, intervistata da Repubblica. La speranza, come spiega la dottoressa, è che queste specie possano spostarsi ed adattarsi in altri luoghi. Ma è chiaro che non tutte saranno in grado di farlo, e più rapidamente avverrà il fenomeno, tanto meno saranno le specie che riusciranno ad adattarsi. Che dire amici che non abbiamo ancora detto.........................

D.V.

Tecnologia pulita

10:44 Posted In Edit This 0 Comments »
Si lo sappiamo, non è una novità, ma almeno ora è tutto certificato nero su bianco. Se volessimo cercare i Paesi che utilizzano maggiormente le tecnologie pulite, dovremmo guardare a Nord. Non nel Nord Italia, ma nel Nord Europa. Secondo una ricerca congiunta del Cleantech Group e del WWF, è la Danimarca, seguita da Israele, Svezia e Finlandia, la nazione più green del mondo da questo punto di vista. La classifica, consultabile liberamente sul sito ufficiale, prende in considerazione l’apporto delle tecnologie pulite allo sviluppo industriale. Per questo motivo i Paesi asiatici, che si stanno sviluppando a tassi anche dieci volte superiori ad alcuni Paesi Occidentali, rimangono indietro in questa graduatoria, in quanto le tecnologie pulite spesso vengono utilizzate come seconda scelta. Per stabilire quali sono i Paesi più attenti a queste scelte, sono stati presi in considerazione 15 diversi indicatori, riassumibili nella creazione e commercializzazione delle tecnologie verdi, il potenziale di utilizzo rispetto alla dimensione economica di ogni singolo Stato, ed i piani a medio termine, cioè la commercializzazione a 10 anni. Il motivo per cui questi quattro Paesi si trovano al top è che le loro economie sono relativamente piccole rispetto magari a quelle di colossi come gli Stati Uniti o la Germania, e forse per questo le innovazioni tecnologiche risultano più presenti che in altri posti, ma in ogni caso va riconosciuto che queste nazioni sono sempre più avanti rispetto alle altre quando si tratta di queste novità. Questa la top 10: Danimarca, Israele, Svezia, Finlandia, Stati Uniti, Germania, Canada. Corea del Sud, Irlanda e Regno Unito. L’inquinantissima Cina dopotutto non fa male, attestandosi al tredicesimo posto davanti alla “rinnovabile” Olanda che però paga il basso sviluppo industriale, mentre tra i Paesi più industrializzati l’Italia è come sempre nelle ultime posizioni, per la precisione al ventisettesimo posto su 38, considerando che dopo di noi ci sono Paesi che non hanno nemmeno la metà della nostra capacità industriale come Sudafrica, Messico e alcuni Paesi dell’Est, con la Russia che chiude all’ultimo posto.

D.V.

Plastica vegetale?

10:40 Posted In Edit This 0 Comments »
Da anni il mondo scientifico cerca un sostituto del petrolio per la produzione di plastica, materiale tanto necessario nel mondo moderno quanto inquinante. Tra i vari tentativi ve ne segnaliamo uno molto interessante che proviene dall’Olanda. Più precisamente dall’Università di Utrecht, dove un gruppo di ricercatori ha scoperto come sia possibile produrre etilene, propilene e butadiene, la base della plastica, direttamente dalle piante.  Siamo partiti da molecole di ferro perché sappiamo che sono molto efficienti nel catalizzare la trasformazione dei gas in etilene, propilene e butadiene. Poi, per superare i problemi di instabilità di queste molecole, le abbiamo unite a nanoparticelle non reattive così da renderle molto più resistenti ha spiegato Krijn de Jong, a capo del progetto, sull’articolo comparso su Science. Utilizzando dunque nanofibre di carbonio, monossido di carbonio e idrogeno, i ricercatori sono riusciti a “tradurre” il 65% della miscela in quei tre composti che sono le “fondamenta” del materiale plastico. Il procedimento non è nuovo, ma è quasi un secolo che team di chimici ci provano a renderlo efficiente. Loro sono riusciti ad ottenere risultati migliori degli altri, con il tasso di efficienza più elevato mai ottenuto. Ancora però, ci tengono a sottolineare gli studiosi, ci vorrà tempo finché il processo venga migliorato, reso remunerativo e dunque arrivare a produrre la plastica che finisce nelle nostre case, ma almeno è il primo e, di solito, il più difficile passo. Inoltre, aspetto non da poco, questi materiali naturali sono in grado di biodegradarsi, ottenendo così un impatto nullo sull’ambiente. In questo modo, spiegano i ricercatori, c’è la speranza che il petrolio venga definitivamente soppiantato per far spazio a queste bioplastiche che sono uno dei principali campi di studio di molte università oggi, basta che però non si finisca con il deforestare intere aree verdi per ottenere la materia prima, altrimenti non ci avremo guadagnato un bel nulla amici dell'ambiente!

D.V.

Eco-speed

03:50 Posted In Edit This 0 Comments »
Con la benzina che ormai arriva a sfiorare i due euro al litro urge un cambiamento di abitudini nell’uso dell’automobile. Vi abbiamo parlato tante volte dei metodi di guida ecologica, ma un po’ perché ormai si possono avere delle cattive abitudini, un po’ per la difficoltà di ricordare tutte le regole, fatto sta che, alla fine, si torna a guidare in maniera scorretta consumando un sacco di carburante. Per questo a breve per tutti gli smartphone arriverà un’applicazione per il risparmio del carburante che non vi lascerà più scuse. Si chiama EcoSpeed, è già disponibile una demo sul sito ufficiale ed uscirà a marzo per iPhone, Android e Windows Phone. Secondo quanto pubblicizzato sul sito degli sviluppatori, quest’applicazione vi permetterà di risparmiare fino al 30% di carburante, quasi un terzo, con dei piccoli suggerimenti per migliorare lo stile di guida attraverso le più moderne tecnologie. Qualche esempio? EcoSpeed rileverà i segnali di stop e vi avviserà in anticipo di cominciare a rallentare anziché frenare all’improvviso una volta arrivati alla striscia bianca; vi avviserà se state superando i limiti di velocità, traccerà il percorso più efficiente per raggiungere la vostra destinazione utilizzando Google Maps, e tramite il GPS del telefono permetterà il monitoraggio completo del vostro stile di guida, fornendo, alla fine del viaggio, i consigli su come risparmiare carburante la prossima volta. Inoltre EcoSpeed permette di personalizzare alcuni parametri, come ad esempio programmare se prediligere il consumo di carburante o la velocità del viaggio, in modo da non prendere la strada più lunga ma meno trafficata quando avete fretta e siete in ritardo per il lavoro. Insieme alla mappa vi verrà mostrata anche la barra delle emissioni, così da farvi rendere conto concretamente quanto inquinamento in meno avete prodotto migliorando il vostro stile di guida, e calcolando anche quanto avete risparmiato in termini monetari evitando di fare più spesso il pieno. L’applicazione sarà gratuita ed uscirà a marzo per iPhone e Android e qualche mese più tardi per i Windows Phone.

D.V.

Inquinamento rogge

03:24 Posted In Edit This 0 Comments »

Questa mattina il GVA presenta al comune annicchese un esposto contro ignoti per l'ennesimo caso di inquinamento di alcune rogge locali.

Il “Gruppo Verde Annicco onlus” in questi giorni è stato più volte interpellato da diversi cittadini, allarmati da un possibile inquinamento della roggia “Muzza”,  nel tratto che fiancheggia la pista ciclabile partendo dalla frazione di Grontorto in direzione Annicco. Appurata la veridicità di queste segnalazioni abbiamo accertato che, nonostante il periodo di siccità, l'acqua nella roggia seppur lentamente scorre liberando nell'aria effluvi maleodoranti. Il colore dell'acqua si presenta visibilmente grigiastro e melmoso, indice di un afflusso anomalo di liquami di natura e provenienza sconosciute.  Facciamo presente a codesta amministrazione la gravità della situazione che nel suo essere interessa, concatenandosi, più d'una roggia, tra le quali: la roggia “Scolatore”, la roggia “Muzza”, la roggia “Conca Somasca” e la roggia “Spinadesca”. Vista la criticità della situazione, il “Gruppo Verde Annicco onlus”, chiede a questa amministrazione comunale di verificare la portata di questo presunto inquinamento, la sua causa, ed eventuali azioni da intraprendere per evitare il loro ripetersi. Azioni  atte a contrastare possibili futuri danni alla salute dei cittadini.

Direttivo GVA

Ice Fish

03:02 Posted In Edit This 0 Comments »
Uno dei punti di forza della teoria evolutiva è la dimostrazione di come alcuni animali si sono adattati all’ambiente in cui vivono. Uno di questi è il pesce ghiacciolo, meglio conosciuto come icefish. Si tratta di un pesciolino che vive nelle acque ghiacciate dell’Antartico, che però a breve potrebbe rischiare l’estinzione proprio perché, in milioni di anni, si è abituato a stare al freddo, e le acque stanno aumentando la loro temperatura velocemente. Secondo i biologi dell’Università di Yale che hanno lanciato l’allarme sulla rivista PNAS, i Nototenioidei, di cui questo pesce fa parte, vivono ad una temperatura media di -2° C. Purtroppo, a causa del riscaldamento globale, proprio le acque in cui vivono si stanno riscaldando a ritmi troppo elevati, anche per un organismo che si riesce ad evolvere abbastanza agevolmente come il loro. Per questo molto presto la temperatura minima per la sopravvivenza potrebbe non essere sufficiente. Se molte specie marine abituate ad acque più fredde si stanno spostando per trovare habitat sempre più adatti, un pesce che vive già all’estremo difficilmente potrà trovare acque più fredde di quelle del polo Sud. A dir la verità non è una vera e propria novità perché anche degli scienziati italiani nel 1995 si dissero preoccupati per questa specie. Ma da allora ad oggi le temperature oceaniche sono salite anche più in fretta del previsto, cogliendo impreparato anche il mondo scientifico. Come è ormai noto, anche una specie così piccola e sconosciuta ai più è fondamentale per l’intero ecosistema marino. I pesci ghiacciolo infatti sono alla base della dieta di animali più grandi come le foche o i pinguini, già minacciati di per sé dalla perdita di habitat. Per questo fare a meno di questo pesce così strano potrebbe equivalere a perdere tante altre specie animali. Sempre che non dimostri una capacità di adattamento così rapida da far fronte anche all’innalzamento delle temperature.

D.V.

Bombe chimiche

08:32 Posted In Edit This 0 Comments »
Sono passati oltre 60 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, eppure in giro per l’Italia ci sono ancora migliaia di bombe chimiche pronte ad esplodere, senza che un’attività di bonifica sia stata attuata. E’ questa la denuncia che arriva oggi da Legambiente, annunciando la conferenza per la presentazione di un dossier in merito che avverrà a Roma domani, in cui si fa il punto della situazione di questa che potrebbe diventare la tomba per l’ambiente italiano. Secondo le rilevazioni dell’associazione ambientalista infatti, non si tratta di poche decine di bombe, ma di decine di migliaia quelle che vengono rilevate ma non eliminate nel nostro territorio. La situazione peggiore è quella dell’Adriatico, in cui il numero di bombe dalla Guerra Mondiale in poi è aumentato a causa delle varie guerre che si sono tenute nei Balcani, come quella del Kosovo, e che ha comportato il rilascio di ordigni per un totale di 30 mila circa lungo le coste pugliesi e non solo, con il porto di Molfetta che da solo ne conta almeno diecimila. Ma non solo. Nelle acque al largo di Pesaro ci sono 4.300 bombe gettate volontariamente alla fine della Seconda Guerra Mondiale per non farle conquistare dai tedeschi, ed oltre 1.300 tonnellate di iprite; il Golfo di Napoli è diventato una sorta di deposito per lo smaltimento di armi chimiche, in particolare residui della base americana di Aversa. Ma poi ci sono anche delle bombe che non sono ordigni veri e propri, ma pericoli ambientali correlati che però possono essere pericolosi quanto le bombe. E sono quelli vicino a Viterbo e Frosinone, ad esempio, riconosciuti in questi ultimi anni come depositi di scarti e materiali pericolosi che necessitano di bonifica, ma che sono ancora lì senza che nemmeno un grammo sia eliminato. L’Italia sembra una polveriera pronta ad esplodere, e dire che sul nostro territorio non si combatte una guerra da quasi un secolo.

Fonte (Repubblica)
D.V.

Tantalio

07:56 Posted In Edit This 0 Comments »
In occasione delle vacanze di fine anno ci siamo accorti che il calo degli acquisti degli italiani ha riguardato tutti i generi di prodotti, salvo uno: i telefonini. Per rendere sempre più piccoli e appetibili questi campioni dell’industria elettronica occorrono componenti miniaturizzate che usano metalli con particolarità peculiari, quali Nikel, Palladio e Tantalio. Per la realizzazione dei microcondensatori interni ad alta capacità non si può più fare affidamento sulla ceramica, e bisogno ricorrere a materiali più duttili e ancora più resistenti alle temperature e alle frequenze come appunto il Tantalio, il cui prezzo è salito alle stelle a causa della domanda mondiale da parte della telefonia mobile. Questo metallo raro, durissimo e denso, resistente agli acidi, ottimo conduttore e con un punto di fusione elevatissimo si estrae da uno speciale tipo di sabbia scura, debolmente radioattiva, detta “Coltan” (da Colombine e Tantalite) i due minerali che la compongono. L’affare del Tantalio a questo punto si complica, perché le riserve si trovano in Brasile, in Australia e in Africa, in particolare in Monzambico e nella repubblica popolare del Congo. Qui sono spuntate miniere che sembrano gironi dell’inferno, dove migliaia di di lavoratori la maggior parte bambini guadagnano qualche dollaro e si ammazzano di fatica scavando a mani nude per arricchire una manciata di sfruttatori monopolisti. Secondo i rapporti dell’ONU degli ultimi dieci anni, migliaia di tonnellate di Coltan lasciano illegalmente il paese ogni anno, insieme a diamanti, oro, colbalto e altre materie prime preziosissime. Tra gli innumerevoli e incalcolabili danni di questo commercio famelico (che si può contrastare anche riciclando il proprio cellulare) ce ne sono alcuni altamente distruttivi. In quelle aree dell’Africa equatoriale si trovano riserve naturali e parchi nazionali di inestimabile valore che sono deturpati e violentati dagli impianti di estrazione e dalle masse di disperati che da essi dipendono. Questi patrimoni dell’umanità sono gli ultimi luoghi al mondo dove si possono ancora trovare (tra le mille altre specie in pericolo) i gorilla orientali, tra i quali i gorilla di montagna il cui numero è diminuito paurosamente. In attesa di scoprire se i telefonini facciano o no  male alla salute umana, sappiamo con certezza che a quella dell’ambiente e della natura fanno malissimo. Potremo vivere senza tante cose in futuro ma non vivremo senza questo pianeta. A chi telefoneremo quando attorno a noi ci sarà solo silenzio.

Fonte ( Le Scienses)
D.V.

Kyoto

06:44 Posted In Edit This 0 Comments »
Dopo la giornata di ieri, 16 febbraio 2012, si può dichiarare ufficialmente concluso il Protocollo di Kyoto. Per tirare le somme definitive ci vorranno mesi, ma intanto il Kyoto Club ha stilato quelle che dovrebbero essere, almeno al momento, le conclusioni molto probabili, le quali di certo non possono renderci felici. Qualche buona notizia c’è, ma l’aspetto più importante, e cioè il taglio delle emissioni, non sembra essere stato soddisfatto. Vedremo la situazione come cambierà negli ultimi mesi, ma fino a questo momento il taglio della CO2 nel nostro Paese si è attestato a circa il 4,8% rispetto ai dati del 1990. Il limite che ci era stato assegnato era 6,5%, una miseria in termini di impegno, ma troppo alto per chi ci ha governato in questi ultimi anni. Dunque anche in caso di miracoloso recupero all’ultimo momento (stimato ottimisticamente al 6%) la situazione è deficitaria. La buona notizia invece sta nella riforestazione. Se, infatti, a causa delle emissioni troppo poco ridotte rischiavamo una multa da 700 milioni di euro, questa potrebbe essere abbassata a 300 grazie alle buone politiche di riforestazione che sono state avviate nel periodo 2005-2012.Secondo gli osservatori di Legambiente ed altre associazioni ambientaliste, non c’è da stare allegri. Se una riduzione c’è stata, questa la si deve, non solo in Italia ma un po’ in tutto il mondo, alla crisi economica che ha portato molte fabbriche a chiudere e dunque di conseguenza ha abbassato le emissioni. Tant’è che, a livello europeo, nell’ultimo anno la crisi in alcuni Paesi è stata superata e le emissioni hanno ripreso a salire, ma almeno come Europa dovremmo riuscire a rispettare i parametri, rimanendo oltre il 10% di riduzione della CO2 rispetto al 1990. Da non sottovalutare comunque l’apporto delle energie rinnovabili e del risparmio energetico che hanno sicuramente fatto la loro parte nella riduzione delle emissioni. Ed ora cosa accade? Come dicevamo in precedenza, ci vorranno alcuni mesi per avere i dati definitivi, ma una volta ottenuti questi l’Italia andrà davanti alla Corte di Giustizia Europea per subire eventuali provvedimenti. Dopo di questi però non ci si fermerà ed anzi, bisognerà intraprendere un nuovo cammino che, secondo i limiti previsti dall’UE, dovrebbero portare la riduzione delle emissioni almeno al 20% entro il 2020 per tutti i Paesi. Se non siamo riusciti a raggiungere nemmeno il 6%, ci sarà da lavorare molto per arrivare al 20, ma 8 anni ed una maggiore consapevolezza da parte degli italiani potrebbero giocare a nostro favore. Piantiamo alberi amici dell'amiente saranno la nostra medicina per il futuro.

D.V.

Pavoncelle

04:17 Posted In Edit This 0 Comments »
La giornata è stranamente tiepida, ancora qualche chiazza di neve lotta contro il sole ma il grande freddo se ne sta andando e con lui tutti i timori dell’inverno. Mi stringo addosso giubbotto e sciarpa e mi incammino verso Grontorto, una piccola frazione, a due passi da Annicco. Percorro in silenzio una piccola strada vicinale che negli ultimi anni è stata  promossa al rango di pista ciclabile e, a parte qualche corvo, solo i miei pensieri mi fanno compagnia.  Arrivo al ponte di legno e mi fermo a guardare l’acqua limpida della roggia Spinadesca, una delle rare rogge sorgive che ancora mantengono un po’ di dignità, qualche piccolo sprazzo del tempo che fu. Nel campo adiacente alcuni corvi volteggiano nella ricerca di qualche pannocchia sfuggita agli uomini e al freddo. Rimango rapito dalle loro acrobazie fin quando qualche ala più piccola raccoglie la mia attenzione;….. possibile? Ma no, mi sto di certo sbagliando. Conosco bene la mia terra, scruto il cielo da mesi e quest’anno nessuno stormo è transitato, eppure….. ma si sono proprio Pavoncelle. Mi si stringe il cuore. Per decenni ho ammirato i maestosi stormi di questi splendidi uccelli, migliaia e migliaia di ali nel freddo di Novemre riempivano il cielo seguendo antiche e misteriose rotte. E di tutta quella storia millenaria ora che rimane? Qualche impaurito uccello che seguendo il suo istinto cerca aggregazione con altre ali, cerca le proprie compagne. Il proprio futuro. Maledetti tempi, moderni li chiamano, dove l’unica cosa che conta sono i soldi. La vita sta morendo tutto intorno a noi, in silenzio, nell’indifferenza degli uomini e noi cosa facciamo? Niente. E così piano piano questi compagni di viaggio ci lasciano, ad uno ad uno se ne vanno nelle grandi praterie del cielo. Ci lasciano un grande vuoto che mai più nessuno colmerà, dove non sono riuscite glaciazioni e sconvolgimenti planetari, in pochi decenni ci è riuscito questo animale che si chiama uomo, carico della sua “umanità”. Che futuro dobbiamo aspettarci su questo pianeta che in fondo è casa nostra se per primi non rispettiamo la vita. La risposta ancora una volta è volata nel vento mentre la tempesta si fa sempre più vicina.

D.V.

Popoli

03:22 Posted In Edit This 0 Comments »
Su queste pagine abbiamo spesso parlato del picco di petrolio e a volte anche del picco del cibo. Si tratta del momento di massima produzione oltre il quale lo stesso quantitativo non si raggiungerà mai più, ma si produrrà sempre meno di quel bene fino all’esaurimento. Ma lo stesso può accadere per l’uomo? Secondo Doug Saunders che ha appena pubblicato un libro su questo fenomeno, potrebbe anche essere, anche se non si parla di “esaurimento” degli uomini, ma solo di picco della popolazione. La gente in tutto il mondo vive più a lungo, e ha sempre meno figli a causa dall’aumento del tasso di istruzione femminile e del declino della povertà assoluta. Paesi come il Bangladesh, l’Indonesia e l’Iran stanno avendo così pochi bambini che le loro popolazioni sono sul punto di contrazione. Il mondo è sulla soglia di quello che potremmo chiamare “picco della popolazione”. L’offerta al mondo di persone in età lavorativa sarà presto contratto, provocando uno spostamento dal surplus della scarsità scrive Saunders che non vuol passare per “profeta di sventura”, anche se è consapevole di essere provocatorio. Certo è che non si può negare che la gente diventa sempre più vecchia e che si fanno sempre meno figli. La causa di questo può essere collegata al fatto che le persone competono per i lavori e non i lavori per i lavoratori, e la dimostrazione attuale la possiamo avere osservando la Cina, il Paese con il boom economico per eccellenza, in cui l’invecchiamento medio e la sovrappopolazione hanno portato ad abbassare gli stipendi ad un livello da fame, che ha portato inevitabilmente le famiglie a non fare più figli perché non possono permetterseli. Esattamente quello che accade nel mondo Occidentale da alcuni anni. Presto raggiungeremo il massimo di sosteniilità, quello che accadrà negli anni a venire non sarà come ce lo saremmo aspettati.
D.V.

Ecobot

10:47 Posted In Edit This 0 Comments »
Quando si parla di rinnovabili si pensa sempre al sole, al vento, al mare e alla geotermia. Qualcuno un po’ più esperto può anche pensare ai rifiuti, ed è abbastanza vicino all’idea dell’Ecobot. Ma di cosa si tratta? Dal nome è facile capirlo, si tratta di un robot ecologico. Inventato a Bristol, in Inghilterra, questo robot spazzino è destinato a rivoluzionare il nostro modo di trattare i rifiuti. Esso infatti “mangia” di tutto, dagli scarti alimentari agli escrementi umani, e produce elettricità. Questo aggeggio che assomiglia ad un enorme cassonetto dell’immondizia ha uno “stomaco” composto da celle a combustibile che possono funzionare persino con l’urina. L’ultimo nato nella generazione degli ecobot, denominato con poca fantasia Ecobot III, è stato utilizzato in via sperimentale nelle fogne di Bristol, ed ha dimostrato di poter produrre energia con il materiale che raccoglie. Da noi potrebbe essere utilizzato in casa per riciclare la nostra immondizia indifferentemente, dalla carta alla plastica, fino all’umido ed alle materie organiche come le foglie delle piante. Persino la Nasa ora pensa di sfruttare questa tecnologia per risolvere due problemi in uno: evitare che gli escrementi degli astronauti vaghino nello spazio e produrre energia ulteriore per far funzionare le stazioni aerospaziali. Per poterlo avere in casa però bisognerà attendere ancora un bel po’. L’autonomia di questo robot ancora non è molto lunga ed è problematico capire come fare per alimentarlo, senza doverlo attaccare alla presa elettrica, visto che ancora l’energia che produce è troppo poca per renderlo autonomo. Di certo però l’idea è stata lanciata ed i primi risultati ottenuti, e si tratta di un buon punto di partenza per realizzare eco-robot più efficienti per il futuro. Un futuro che potrebbe vederli sempre più simili a noi dato che gli sviluppatori vorrebbero, una volta terminato il processo importante di produzione energetica, “donargli” anche braccia e gambe per farli diventare una sorta di maggiordomi elettronici ricicloni.

Fonte (Corriere della Sera)
D.V.

Uribu

10:34 Posted In Edit This 0 Comments »
Questa volta c'è qualche cosa in più delle solite "parole" al vento, Aribu potrebbe essere veramente una freccia in più nell'arco di chi ama l'ambiente e la natura, amici del GVA.

Quante volte vi siete detti: “Che ci vuoi fare, tanto in Italia va sempre così”? D’ora in avanti non ci sarà più bisogno di indignarsi restando con le mani in mano, ma si potrà fare qualcosa di più: denunciare. Non alle autorità competenti, ma sulla rete. Nasce infatti Uribu, una piattaforma web accessibile a tutti e che presto arriverà anche su smartphone in cui poter segnalare disservizi e soprusi, ma anche ad esempio episodi di inquinamento e distruzione dell’ambiente a cui avete assistito e volete rendere noti a tutto il mondo. Ideato da cinque ragazzi tra i 17 e i 23 anni, Uribu ha come simbolo una civetta appollaiata su di un ramo con gli occhi spalancati per controllare bene cosa avviene sotto di sé. Ed infatti Uribu è la traduzione “fantasiosa” di “hibou” che significa appunto civetta in francese. Ma di preciso di cosa si tratta? Come una sorta di grande bacheca aperta a tutti, la piattaforma è accessibile al sito ufficiale di Uribu. Cliccando sull’apposito tastino con la scritta “segnala” si viene rimandati in un form da compilare con la nostra denuncia da registrare sotto un’apposita categoria, e persino segnalare, tramite Google Maps, dove questo episodio è accaduto, in modo da avvisare le altre persone che si trovano in zona. Completano la denuncia anche eventuali immagini, foto e video che l’utente sarà libero di caricare, in modo che tutti, anche coloro che si trovano dall’altra parte del mondo, possano osservare con i propri occhi tutto ciò che non va ed eventualmente essere parte della soluzione e non vittime del problema. Ad esempio se venite a sapere che vicino casa vostra c’è un deposito di amianto abbandonato, basta scattare qualche foto, caricarla su Uribu, scrivere di cosa si tratta e segnalare la presenza su Google Maps, e state sicuri che immediatamente questa diventerà da discarica nascosta a scandalo nazionale. Uribu funzionerà da passaparola, in modo che sempre più utenti potranno condividere le proprie esperienze come sui comuni social network e tentare così di risolvere alcuni dei tanti drammi che affliggono il nostro Paese. Come dimostrano Striscia la Notizia o le Iene dopotutto, basta accendere i riflettori su un problema, in particolar modo riguardante la pubblica amministrazione, per riuscire a risolverlo. Uribu inoltre metterà a disposizione un account speciale proprio per le pubbliche amministrazioni e le aziende che potranno eventualmente rispondere alle segnalazioni che le vedono chiamate in causa, o effettuare altre denunce a loro volta. Per partecipare basta registrarsi direttamente sul sito di Uribu o tramite un account Facebook collegato che diventerà anche il terreno di confronto, insieme a Twitter, con migliaia di utenti che vorranno condividere le proprie esperienze, e magari dare il proprio contributo per migliorare un Paese che ha tante cose da mettere a posto. Proviamoci chissà che non sia la volta buona!

D.V.

CO2 e fondi

04:33 Posted In Edit This 0 Comments »
Amici dell'ambiente dal mese di marzo saranno disponibili 600 milioni di euro per piccole e medie imprese, privati ed enti pubblici, che si impegneranno ad abbassare le emissioni di CO2. A riferirlo è una nota del Ministero dell’Ambiente, su quanto prevede il fondo rotativo di Kyoto, illustrato questa mattina a Roma dal ministro Corrado Clini nel convegno “Il patto dei sindaci dopo Durban”. Gli investimenti per ridurre le emissioni di anidride carbonica e migliorare la qualità dell’aria, e della vita, prevedono un finanziamento a tasso agevolato dello 0,5%. Verranno distribuiti dal prossimo mese per sostenere pubblici e privati che vogliono fare qualcosa per l’ambiente. Il fondo verrà erogato dalla Cassa Depositi e Prestiti e, come ha spiegato questa mattina il ministro Corrado Clini "Permette di investire in tecnologie e in sistemi per l’efficienza energetica e, nello specifico, potrà essere impiegato     micro-trigenerazione, elettricità, calore e fresco." Potranno usufruire del fondo europeo per la riduzione delle emissioni Università, ospedali, condomini o piccole o medie imprese. Gli investimenti faranno aumentare l’efficienza energetica del nostro Paese dal 40 all’80%. Il ritorno dell’investimento per chi utilizzerà i fondi è stimato in 36-48 mesi. Quindi chiunque volesse investire nelle tecnologie verdi per ridurre le emissioni inquinanti troverà un beneficio economico nel giro di 3-4 anni, risparmiando nel frattempo nelle spese per l’energia e nell’abbattimento dei costi di riqualificazione e miglioramento energetico. Il ministro dell’ambiente Clini parla di un meccanismo virtuoso che mette a disposizione liquidità e che si autoalimenta perché viene restituito. Difatti l’Unione europea prevede che il 50% delle entrate venga riutilizzato per nuovi finanziamenti verdi a fine 2012. Nel nostro Paese, come si è appreso ultimamente, gli investimenti per le tecnologie a basso impatto ambientale non sono molto decollate e certamente la possibilità di ottenere finanziamenti a tassi agevolati potrebbe essere un’ottima possibilità per rimodernare le filiere, ridurre e risparmiare per l’ambiente. Aguriamoci che gli italiani sappiano dare un valore al loro futuro.

Fonte (ministero dell'ambiente)
D.V.

Petrolio: l'ultimo respiro?

00:15 Posted In Edit This 0 Comments »
Oggi parliamo di petrolio amici dell'ambiente, un problema oggi e peggio ancora sarà il domani. Secondo gli ultimi dati dell’USGS (Servizio Geologico degli Stati Uniti) sotto di noi sono ancora disponibili riserve di petrolio sufficienti per soddisfare il nostro fabbisogno, a ritmi attuali, per altri 50 anni, ma è chiaro che la domanda è in continuo aumento. Cosa accadrà dopo il 2060? Se, come molti sperano, la maggiore efficienza dei consumi e l’introduzione delle rinnovabili dovrebbe ridurre il nostro tasso di consumo attuale, non è detto che lo stesso possa avvenire anche al di fuori dei Paesi Occidentali visto che Cina, India e Brasile, ma anche altre nazioni in via di sviluppo, potrebbero riportare questo consumo ai massimi storici. La teoria del picco di petrolio (il punto massimo di estrazione dopo il quale ne sarà disponibile sempre meno fino all’esaurimento) non è nuova, ma risale ad oltre 50 anni fa. In linea teorica è corretta perché trattandosi di un materiale fossile non ce n’è all’infinito. L’inventore della teoria, il geologo King Hubbert, stimò il momento del picco negli anni ’70. Questa data è stata portata in avanti più volte, i teorici sostengono che il picco sia già stato raggiunto nel novembre 2009, data da cui non si sono più registrate estrazioni maggiori. Una cosa è certa: non ne avremo per sempre. Tornando alla nostra rilevazione, secondo l’istituto americano attualmente c'è ancora 1miliardo di barili di petrolio sotto di noi. Come spiegato già in un precedente articolo, fino ad oggi ne sono stati estratti circa un miliardo, dunque numeri alla mano sembra che ce ne siano ancora tanti. Ed invece non è così semplice, dato che è vero che ce n’è ancora a disposizione, ma diventa sempre più complicato estrarlo dato che si trova sempre più in profondità, in aree delicate come i poli, o nelle sabbie bituminose. Con conseguenze inimmaginabili sull’ambiente dovute alle attività estrattive. Da tutti questi dati emerge un quadro piuttosto chiaro che si può riassumere con poche frasi: il petrolio prima o poi finirà, non si sa quando e forse, grazie alle moderne tecnologie il picco deve ancora arrivare. Ma sicuramente il suo prezzo continuerà a salire perché se un secolo fa bastava fare un buco nel terreno per trovare dell’oro nero, ora è molto più complicato e dunque un barile di petrolio alla produzione, e di conseguenza in tutto l’iter fino ai rivenditori, costerà sempre di più. Estraendo petrolio dal sottosuolo l'umanità (o almeno parte di essa) ha goduto di un bum economico senza euguali ma è altrettanto vero che abbiamo inquinato questo pianeta al limite di non ritorno e con l'estrazione delle rimanenti scorte avremo portato in superfice miliardi di tonnellate di immondizia. Il petrolio si rivelerà l'ultimo respiro per l'umanità?

D.V.

Gas radon

04:38 Posted In Edit This 0 Comments »
Chi di voi ha già sentito parlare del gas Radon alzi la mano, tutti!! Possibile? Va bè, vorrà dire che quello che sto per dirvi non sarà una novità per voi, informatissimi amici del GVA. L'uranio 238 per decadimento, da origine all'uranio 234 e successivamente al radio 226. A sua volta il radio 226 si trasforma in radon 222. Il radon origina dei "figli" al quanto instabili e con vita breve indicativamente pochi minuti o secondi; i figli (polonio 218, piombo 214, bismuto 214, polonio 214) liberando particelle alfa, danno origine a radioattività e solo dopo una serie di decadimenti, al piombo 206 stabile.    Il gas radon è subdolo perché non si vede e non si sente, ma può avere effetti nocivi su diversi fronti; non ultimo quello della salute. Secondo gli scienziati tedeschi, infatti, nella sola Germania è causa di 1.900 decessi l’anno per cancro ai polmoni. Recenti studi, condotti in Italia invece suggeriscono che l’esposizione prolungata al gas radon è responsabile di circa il 10% dei casi di cancro ai polmoni che si verificano ogni anno. Il tasso di decessi in Italia potrebbe quindi essere maggiore che non quello della Germania e attestarsi a circa 3.000 l’anno. Che sfiga ragazzi, non ne avevamo abbastanza di inquinanti di tutte le qualità ci voleva pure il Radon a rompere!  Nell’Unione Europea si stima invece ci siano circa 20mila decessi l’anno per cancro polmonare da radon; Un nemero talmente elevato da essere secondo solamente al fumo. Ecco quindi la necessità di poter stabilire se nella propria abitazione vi sia la presenza sgradita di questo gas pesante e radioattivo. Se nella propria casa convive il Radon è bene sapere in che quantità è presente e come questo esponga chi ci abita a un continuo bombardamento di radiazioni, sottolineano gli scienziati dell’Università di Erlangen-Norimberga. Da una piccola ricerca in rete amici del GVA ho scoperto che questi rilevatori di Radon hanno un costo che si aggira sui 250 euro, possono essere pochi per salvarci la vita ma possono anche essere tanti per le famiglie meno abbienti. Secondo i dati il radon all’interno degli edifici residenziali fornisce un importante contributo per l’esposizione radiologica della popolazione generale. In particolare si è stimato che i livelli di radon in zone residenziali sono superiori a 100 Bq/m3 nel 36% degli edifici; superiori a 200 Bq/m3 nel 18% dei casi. I dati sono espressi in Bequerel per metro quadro, che è l’unità di misura della presenza di una sostanza radioattiva per metro cubo di aria. La media stimata della presenza di radon in Italia è di 20-120 Bq/m3 e come sempre i valori più alti si trovano in Lombardia! Noi siamo primi, che culo!  Il problema, fanno notare i ricercatori, è che ci sono molte case costruite con materiali che producono gas radon come, per esempio, il tufo. Allo stesso modo è altamente presente nei terreni di origine vulcanica, oppure la "Pianura Padana" ricca già per conto suo. Diventa quindi necessario poter individuare gli edifici con elevata presenza di questo gas per poter intervenire con misure strutturali. Questi interventi sugli edifici potrebbero salvare molte vite ogni anno ed è qui che intervongono le amministrazioni più attente e responsabili, uno studio di questo tipo non svenerebbe nessuna amministrazione e ci farebbe fare sogni più
tranquilli.  

    PS.

Pavimentazioni realizzate con cassero a perdere in plastica riciclata e getto di calcestruzzo, oltre a mille altre buone cose, impedisce la concentrazione di gas “Radon” proveniente  dal terreno, grazie all’adeguato sistema di ventilazione mediante collegamento di tubazioni con l'esterno.  

    Daniele V.

Tasse e inquinamento

08:01 Posted In Edit This 0 Comments »
Dall’inizio di quest’anno qualsiasi aereo che percorra i cieli europei dovrà pagare una tassa. Si tratta di una sorta di eco-tassa che è commisurata in base alle emissioni che quell’aereo produce e che rimangono sopra le nostre teste. Le compagnie aeree europee, mugugnando, hanno accettato; quelle americane hanno prima protestato, ma poi hanno dovuto sottostare. Quelle cinesi no. Il Governo del Paese asiatico ha infatti vietato categoricamente alle proprie compagnie aeree di aderire alla tassa sull’inquinamento europea. Secondo i cinesi infatti questo sovraprezzo, che va a pesare sul costo del biglietto per i passeggeri, è un ostacolo commerciale scorretto, e pertanto non accetta di dover sottostare a quest’imposizione. Ma lo sarebbe se fossero soltanto gli aerei cinesi a doverlo pagare. Invece questa tassa sulle emissioni la pagano tutte le compagnie, e la battaglia cinese è solo di principio. Dunque cosa avviene ora? Gli scenari sono diversi. Il primo, e più immediato, sarà che se le compagni aeree cinesi non pagheranno questa tassa, ogni volta che un loro aereo sbarcherà sul suolo di qualsiasi aeroporto europeo si troveranno a pagare una multa ancora più salata della tassa, che non potrà nemmeno essere girata ai propri passeggeri, ma dovrà essere pagata dalla compagnia direttamente. Il secondo scenario prevede che il Governo cinese, che la prossima settimana incontrerà alcuni leader europei, alla fine protesti ma aderisca. Ma c’è anche la possibilità che le difficoltà economiche europee possano concedere alla Cina una sorta di “proroga”, in cambio di prestiti. Infine c’è anche la possibilità che agli aerei cinesi venga negata l’autorizzazione all’atterraggio in Europa, ma questo sembra di più un provvedimento eccessivo e sicuramente non è gradito da nessuno. Le compagnie cinesi non possono decidere autonomamente di pagare questa tassa perché in Cina tutto è sotto il controllo del Governo che decide persino le tariffe. Ogni compagnia infatti ha una tariffa fissa da rispettare e senza l’autorizzazione “dall’alto” non può modificarla, dunque figuriamoci pagare una tassa ad una potenza straniera. Come sempre amici dell'ambiente ognuno valuta a modo suo il danno globale che arreca a questo pianeta, temo che presto se non cambieremo rotta ogni nazione dovrà guardare ben più in la del proprio naso se vorremo sopravvivere.

D.V.

Fondi e inceneritori

03:28 Posted In Edit This 0 Comments »
Novità dall’Europa per gestire l’emergenza rifiuti in Italia, e nello specifico per fronteggiare la situazione della Campania dove, nonostante le iniziative promosse dalla giunta De Magistris, il problema dei rifiuti non riesce a trovare soluzione. Ad avvisare del piccolo successo è lo stesso ministro dell’Ambiente Corrado Clini Il commissario dell’Unione europea all’Ambiente si è detto disponobile a scongelare i fondi di coesione non per le discariche, ma soltanto per la raccolta differenziara e gli inceneritori per il recupero di energia. E di recupero di energia e di raccolta differenziata sarebbe, in effetti, il caso di parlare proprio in questi giorni quando alla situazione campana dei rifiuti in strada, si unisce quella non meno drammatica di Roma, con la discarica di Malagrotta che verrà chiusa a breve, ricordiamo la proroga del 31 dicembre 2011, e l’apertura di ben 7 discariche, fuori il Comune di Roma peraltro, che dovranno contenere i rifiuti indifferenziati dei romani! I fondi europei di cui informa Clini sono stati concessi per l’emergenza della Campania, ma una corretta gestione e l’applicazione di un modello di riciclo dei rifiuti e smaltimento corretto delle materie non riutilizzabili potrebbero essere facilmente esportati anche nella Capitale. Il ministro Clini ha spiegato che la Regione [Campania] ha approvato il Piano dei rifiuti e entro marzo approverà quello per la gestione dei rifiuti speciali. L’Unione europea ci ha dato tempo fino a giugno per rientrare nell’ordinarietà. Mi auguro che ciò avvenga, per evitare una multa molto salata per i cittadini italiani. Bisognerà chiedere conto alla Regione delle risorse pubbliche utilizzate per arginare l’emergenza dei rifiuti e anche, ha precisato il ministro dell’Ambiente, snellire le procedure di bonifica delle aree industriali in disuso, perché procedure troppo complesse potrebbero essere un forte vantaggio per la criminalità organizzata e attività anche non intenzionalmente illecite. Insomma la solita Italia chiusa da inadempienze e malaffare, riusciremo a risalire questa china?
D.V.

Danni e cause

04:40 Posted In Edit This 0 Comments »
I mutamenti climatici hanno già cominciato a far notare il loro effetto. Per questo in molte parti del mondo si stanno già prendendo provvedimenti, e tra questi ce n’è uno nuovo: un’assicurazione contro i danni da cambiamento climatico. E’ quello che gli Stati americani della California, Washington e New York hanno chiesto recentemente alle principali compagnie assicuratrici del Paese. Secondo quanto riporta il New York Times, queste clausole già ci sarebbero, ma per paura che siano troppo dispendiose, molte compagnie fanno finta di nulla e non le promuovono. Per questo i rappresentanti di questi Stati hanno chiesto una maggiore pubblicità per rendere noto a tutti che il pericolo c’è e che esiste anche il modo per tutelarsi dai danni. Tra i fattori principali che sono derivanti dal riscaldamento globale ci sono i danni provenienti dagli incendi, dall’innalzamento del livello del mare o quelli dovuti alla siccità ed alle temperature sempre più alte. Gli USA, nonostante in questi giorni stiano decidendo quale candidato repubblicano mandare a sfidare Obama, pur sapendo che tutti questi negano l’esistenza del fenomeno, hanno molta paura del riscaldamento globale, in particolare dopo l’ondata di caldo record dello scorso anno avvenuta in Texas, contemporanea alle tempeste avvenute in altre zone, o subito dopo la super-nevicata che bloccò New York lo scorso inverno. Inoltre gli scienziati continuano a ribadire la necessità di ridurre le emissioni di carbonio, in particolare proprio in quel Paese che è il secondo emettitore mondiale dopo la Cina, un dato innegabile, altrimenti questi avvenimenti accadranno sempre più di frequente in futuro. Ed anche se alcuni scienziati al soldo dei repubblicani continuano a dire che questi fenomeni metereologici non possono essere collegati ai mutamenti climatici, la paura c’è e forse un’assicurazione contro questi danni potrebbe fare rasserenare alcune persone. Certo, poi bisognerà trovare un perito che confermi che ad esempio i danni di una nevicata record siano riconducibili al riscaldamento globale, ma questa è un’altra storia.

D.V.

Consumo di suolo

10:16 Posted In Edit This 0 Comments »
L’ambiente italiano è in crisi. Le cause sono tante, ma la maggiore è senza dubbio il consumo di suolo. Almeno secondo un recente studio effettuato presso l’Università de L’Aquila che ha calcolato un incremento della cementificazione selvaggia negli ultimi 50 anni che mette in pericolo interi ecosistemi. Il problema è che l’urbanizzazione è fatta senza regole, con centri urbani che spuntano come funghi senza tutele per il territorio e che hanno bisogno di infrastrutture, che si mangiano altro suolo, per essere collegati tra di loro. Senza poi contare quelle opere che sono volutamente illegali come edifici abusivi che vengono condonati (4 milioni e mezzo le richieste di condono dal 1985 al 2003), cave e discariche che poi, in un modo o nell’altro, passano inosservate e riducono ulteriormente il suolo italiano. Secondo i dati dello studio ad esempio, in Emilia Romagna spariscono 9 ettari di suolo al giorno; mediamente in tutto il Paese le città “crescono” di 800 metri quadrati per 75 ettari di terreno in meno al giorno, tutto in onore del Dio Cemento.  Dunque come fare per risolvere la questione? Non si può all’improvviso smettere di far funzionare la macchina dell’edilizia altrimenti rimarrebbero senza lavoro migliaia di persone. La soluzione la propongono Fai e WWF:     moratoria delle nuove edificazioni su scala comunale e il censimento degli effetti dell’abusivismo edilizio su sala comunale. Inoltre, dare priorità al riuso dei suoli anche utilizzando la leva fiscale per penalizzare l’uso di nuove risorse territoriali e permettere il cambio di destinazione d’uso di un terreno se coerente con le scelte in materia di ambiente, paesaggio, trasporti e viabilità. In sostanza significa evitare che i centri storici cittadini rimangano abbandonati perché acquistare una casa e ristrutturarla a volte costa 2-3 volte che acquistare una casa fuori città completamente nuova. Ma anche rafforzare la tutela delle nostre coste, estendendo da 300 a mille metri dalla linea di battigia il margine di salvaguardia e difendere i fiumi non solo attraverso il rispetto delle fasce fluviali, ma con interventi di abbattimento e delocalizzazione degli immobili situati nelle aree a rischio idrogeologico in questo modo le tragedie come quelle a cui assistiamo inerti negli ultimi anni di paesi inondati da due gocce d’acqua potrebbero essere, se non eliminate, almeno ridotte drasticamente. meditiamo gente....meditiamo.

D.V.

Shopper

03:26 Posted In Edit This 0 Comments »
I sacchetti di plastica non biodegradabili non saranno più messi in circolazione. Lo ha deciso tramite decreto il Governo, sotto la pressione del Ministro per l’Ambiente Corrado Clini che ha messo in pratica l’impegno preso dall’Italia nel 2007. Per bloccare l’inquinamento dovuto alla plastica dei sacchetti usa e getta, ormai 5 anni fa il nostro Paese prese un impegno a livello europeo: eliminare gradualmente queste buste. Ora lo ha completato. Sulla Gazzetta Ufficiale sono stati sanciti i limiti nella composizione delle buste che da ieri possono entrare in commercio attraverso il decreto legge n.2 del 25/01/2012 denominato “misure straordinarie e urgenti in materia ambientale” che all’art.2 aggiorna il divieto entrato in vigore dal 1 gennaio 2011. Da ora in poi un sacchetto per essere definito veramente biodegradabile deve garantire la sua compostabilità secondo la norma europea EN13432, che mette al bando anche gli shopper realizzati con gli additivi, ampiamente diffusi nel commercio al dettaglio nel nostro Paese ha dichiarato raggiante Legambiente in un comunicato. Ma vediamoli questi limiti. I sacchetti di plastica riutilizzabili dovranno essere composti da uno spessore minimo di 200 micron per le buste ad uso alimentare e 100 micron per quelle non alimentare. Per intenderci si tratta della classica sporta che costa 1-2 euro molto duratura fatta di diversi materiali come la iuta o la plastica più dura, e che può essere riutilizzata all’infinito. Rimane ancora la possibilità di produrre buste con minori spessori, ma se fatte, esse dovranno essere realizzate da materiali compostabili, cioè quelle talmente leggere da essere utilizzate una volta sola perché non resistono molto e che potranno poi biodegradarsi. Grazie all’impegno rispettato dal Ministro Clini, l’Italia completa nel migliore dei modi la rivoluzione iniziata con il bando dei sacchetti di plastica inserito nella finanziaria 2007, che ha già permesso una forte riduzione degli shopper usa e getta in tutto il Paese e la riscoperta della sana abitudine delle sporte riutilizzabili. Con la legge di ieri l’Italia si conferma paese leader al mondo nella lotta all’inquinamento da plastica e nella promozione di produzioni industriali innovative e rispettose dell’ambiente. Finalmente siamo primi in qualche cosa di veramente utile, era tempo che l'Italia facesse parlare di se positivamente e non solamente per truffe o inadempienze!

D.V.

M'illumino di meno 2012

03:20 Posted In Edit This 0 Comments »
Torna il consueto appuntamento con M’illumino di meno, la campagna di sensibilizzazione sull’efficienza promosso dalla trasmissione Caterpillar di Radio 2. Per l’ottava edizione dell’evento si chiede ai cittadini di diventare ambasciatori del risparmio energetico e di spegnere le luci dalle 18 alle 19 del 17 febbraio 2012. Quest’anno M’illumino di meno non si limita al risparmio energetico, ma si fa promotore di altre iniziative green che vanno dalla mobilità sostenibile alla riduzione dei rifiuti. Scopriamo il programma! M’illumino di meno si svolge a pochi giorni dall’anniversario del Protocollo di Kyoto per lanciare un messaggio di sostenibilità e di razionalizzazione dei consumi, oltre che per la promozione dell’energia pulita. Ma per il 2012 bollono in pentola diverse iniziative di sensibilizzazione, sintetizzate in quattro voci:
    riduzione degli sprechi;
    produzione di energia pulita;
    mobilità sostenibile, ossia uso della bicicletta, del car sharing, dei mezzi pubblici, o andare a piedi;
    riduzione dei rifiuti, con raccolta differenziata, riciclo e riuso dei materiali, attenzione allo spreco di cibo.

Leggiamo intanto il Decalogo del risparmio energetico, con consigli pratici per ridurre consumi e costi delle bollette:

    Spegnere le luci quando non servono;
    Spegnere gli interruttori degli elettrodomestici e gli stand by;
    Sbrinare il frigorifero spesso, tenere la serpentina pulita e distanziata dal muro in modo che possa consumare di meno;
    Usare il coperchio quando si fa bollire l’acqua in pentola ed evitare che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola per evitare inutili dispersioni di energia;
    Abbassare i termosifoni se in casa fa caldo, piuttosto che aprire le finestre;
    Sostituire gli infissi per limitare gli spifferi e la dispersione di energia;
    Usare le tende davanti a finestre, infissi e porte per creare intercapedini;
    Non lasciare le tende chiuse davanti ai termosifoni;
    Inserire pellicole isolanti e riflettenti tra i termosifoni e i muri esterni;
    Usare l’automobile solo se necessario e condividerla con chi fa lo stesso percorso.

Un pò le solite cose amici dell'ambiente, niente di epocale; eppure ancora non ci siamo e questi piccoli traguardi sono lungi da essere inseriti nella nostra cultura giornaliera.

D.V.

Ali nel cielo

08:49 Posted In Edit This 0 Comments »
Qualche giorno fa qualcuno mi ha chiesto se e come era possibile posizionare una mangiatoia per gli ucellini nel giardino. Una domanda semplice che ha avuto il potere di rattristarmi: ma tu hai ancora passeri nel giardino? Qualche passsero cinguetta ancora, è vero, ma niente di paragonabile alla mia lontana infanzia. Dove sono finiti questi amici alati che un tempo rallegravano chiassosi i nostri cortili? Una risposta non ce l'ho ma rovistando in rete sono venuto a sapere che gli amici passeri sono stati inseriti nella lista degli animali  a "rischio", non in via di estinzione, sia chiaro, ma a rischio e il che  tutto dire. Infatti, come diceva il testo irmato da Danilo Mainardi (l’ornitologo che va a SuperQuark ), negli ultimi 30 anni i passeri sono diminuiti del 50%. Infatti avrete notato anche voi amici del GVA quant pochi passeri ci sono in giro. Solo una ventina di nni fa erano ovunque, non esisteva pollaio, orto o giardino che non ne brulicasse. E' un segnale che inquieta: che cosa succede? Perché di punto in bianco e dopo secoli di convivenza i passeri stanno scomparendo? La maggior parte sono spariti di punto in bianco fra il 2003 e il 2004, un biennio nefasto per questi uccellini, c'è chi dice per una virosi, chi per il benzene contenuto nella benzina verde, chi addirittura vede nella riqualificazione dei nostri tetti (sono sempre meno le coperture con i coppi) il vero problema. E le ultime notizie non sono buone, perché il decremento demografico, purtroppo, non fa che progredire. Qualche esempio: certo il più eclatante, tra quelli emersi riguarda Varsavia, nei cui giardini la passera europea è praticamente scomparsa (diminuzione del 95%), mentre la diminuzione cittadina media risulta essere del 49%; quanto ai dati italiani, i decrementi oscillano dal 40 al 50%, e ciò rispecchierebbe ciò che avviene un pò dappertutto in Europa. La situazione appare tutt' altro che stabilizzata. Quanto alle cause, sono molteplici e ad effetto cumulativo amici del GVA. Determinante, a ogni modo, è la carenza di insetti, in special modo di afidi, nella dieta dei nidiacei. Una dieta quasi solo vegetale ne fa morire molti già nel nido e, quelli che scampano, sono deboli e in seguito vittime di malattie di carattere infettivo. Vi sono poi le intossicazioni da metalli pesanti e da pesticidi, c' è il fatto che le moderne tipologie costruttive degli edifici risultano inadatte allanidificazione e infine, per uanto riguarda le aree urbane, una gestione del verde pubblico dove piante ed erbe spontanee risultano sempre più rare. Il declino dei passeri segue, purtroppo, quello delle rondini, che ormai ci siamo abituati a non vedere quasi più nei nostri cieli. Contrariamente alle rondini, però, i passeri non avrebbero dovuto diventare, proprio per certe loro caratteristiche, specie a rischio. Gli animali minacciati di estinzione, infatti, solitamente appartengono alla categoria degli specialisti. Per le rondini, se sparissero gli insetti che abitano il cielo, sarebbe una condanna definitiva. Questo perché gli specialisti non hanno tante frecce al loro arco, ma una soltanto. I passeri, invece, sono degli straordinari generalisti. Possono nutrirsi in tanti modi e di tante cose, ma soprattutto sono opportunisti e adattabili. Ciò che ancora non si sa è se troveranno un nuovo equilibrio, oppure se il loro declino implacabilmente continuerà. Speriamo nella prima ipotesi, e vediamo di dar loro una mano.   Non sò cosa ci riserverà il futuro amici del GVA, nel cielo le ali stanno scomparendo come scompaiono nel mio vecchio cuore. I sintomi della malattia sono evidenti ma ancora ci rifiutiamo di prenderne atto. I nostri amici alati stanno scomparendo nell'indifferenza generale e all'orizzonte nuvole nere si stanno addensando sul nostro futuro. Aiutiamoci e aiutiamo questi compagni di viaggio, facciamo sentire la nostra voce con chi ancora qualche cosa può fare. Non cadiamo nella trappola della rassegnazione. Già oggi può essere il giorno giusto!

D.V.

Obama e l'ambiente

08:42 Posted In Edit This 0 Comments »
Il discorso sullo stato dell’Unione di un paio di giorni fa di Barack Obama è passato abbastanza sotto silenzio al di fuori degli Usa perché si era concentrato sempre sulle solite promesse da politico di vecchio corso: economia, creazione di posti di lavoro, ecc. Tutti aspetti importanti per una nazione, ma che interessano poco al di fuori di essa. Però c’è un punto su cui Obama si è soffermato e su cui in pochi sono stati attenti: l’ambiente. Già il fatto che se ne parli è importante visto che i suoi possibili sfidanti che in questi giorni si stanno dando battaglia nelle primarie per i Repubblicani sembrano mettere il problema ambientale all’ultimo posto tra le loro priorità, e dunque tanto vale vedere come pensa il presidente degli Stati Uniti di concludere il suo primo mandato ed iniziare il probabile secondo da questo punto di vista. Il discorso del presidente americano si è basato molto sull’associazione ambiente-salute. Il suo sforzo infatti è stato (e sarà) quello di migliorare le condizioni ambientali in cui gli americani lavorano, in modo da migliorare la loro salute sul posto di lavoro ed alleviare anche le spese sanitarie sostenute dal Paese. Un buon punto di partenza. Le politiche energetiche sono state piuttosto confuse visto che gli “ambientalisti arrabbiati”, come li ha definiti lui stesso, non mandano giù le promesse sulle rinnovabili a cui poi seguono i finanziamenti per il petrolio. Qualcosa di certo non quadra. Al momento però la priorità di Obama sembrano i posti di lavoro, dunque se una legge non crea “jobs“, anche se fa bene all’ambiente è meglio rimandarla per accelerarne un’altra che possa crearne. Il presidente ha però promesso il suo sostegno alle leggi per ripulire l’aria e l’acqua, e per dare retta all’EPA (Environmental Protection Agency) e seguire un po’ di più le sue indicazioni. In effetti l’agenzia ambientale ha lavorato meglio sotto l’attuale presidente che sotto altri, ma secondo gli ambientalisti la maggior parte delle promesse fatte in campagna elettorale non sono state mantenute. Una cosa è certa però, i voti degli ambientalisti andranno di nuovo ad Obama. Speriamo che stavolta li sappia sfruttare meglio di quanto non abbia fatto nel primo mandato. Il pianeta sta aspettando, noi stiamo aspettando, la vita sta aspettando.

D.V.

La vita è tra noi.

03:56 Posted In Edit This 0 Comments »
Ogni giorno succedono migliaia di drammi sul grande palcoscenico della vita, e uno di questi è successo a Monaco di Baviera, proprio in questi giorni. Panang ha 22 anni ed è indiana ma vive a Monaco di Baviera da 22 anni oramai, sua figlia Lola, 3 mesi, unica gioia dei suoi giorni, è morta per una grave malformazione cardiaca. Panang, assieme ai membri della sua comunità le rende omaggio in una struggente processione, pazza di dolore. Accarezzandola e standole intorno ha sperato fino all'ultimo nella forza della vita. Momenti dolorosi e toccanti che ci dimostrano la forza e la potenza dell'amore che tutto muove nell'oblio dei giorn. Una piccola tragedia che non troverebbe spazio sui giornali o nei TG se fosse umana, invece i protagonisti di questa tenera e struggente meteora altro non sono che degli elefanti ospiti dello zoo di Monaco di Baviera. Gli etologi da anni s’interrogano sulla consapevolezza della morte di alcune specie animali e sul senso del dolore, da sempre ritenuta prerogativa esclusiva della specie umana. Una specie umana che pare aver dimenticato quella consapevolezza, e quella fratellanza che essa dovrebbe provare di fronte al dolore. Una specie umana molto presa dalle piccole cose di tutti i giorni, dai piccoli e spesso insignificanti fastidi propri e molto distratta e lontana dai grandi dolori altrui. Quegli elefanti dello zoo di Monaco forse non piangono solo Lola. Ma piangono lacrime antiche che giungono dalla notte dei tempi dove la vita è un bene inestimabile, qualunque essa sia. E forse piangono guardando questa razza umana capace di mille splendide meraviglie e mille brutture da cambiare. Una razza chiusa nell’immenso recinto che è il mondo, incapace di perpetuare quella fratellanza che lega tutti gli esseri viventi, e la vita stessa, da millenni. Così, da questo piccolo angolo dell’universo che è il piccolo paese dove mi è capitato di vivere, in questa notte fredda, umida di stelle, mi sembra finalmente di capire che davvero non  so nulla, tranne forse che non c’è proprio niente da sapere. E che in questa ricerca affannosa delle ragioni e dei perché della vita, stiamo perdendo di vista quella che è la cosa più meravigliosa che ci resta da fare. Vivere ed amare la vita. Anche quella degli altri.

D. V.

Nuove specie

02:27 Posted In Edit This 0 Comments »
Da tempo sul nostro blog riportiamo studi tratti dal mondo scientifico; secondo uno di questi in tutto il pianeta sono presenti circa 8 milioni di specie, tra flora e fauna, la maggior parte delle quali ancora non scoperte o catalogate. Il 2011, da questo punto di vista, è stato molto florido perché ci permette di cancellare oltre 19 mila di queste specie dalla lista delle sconosciute. Grazie a migliaia di ricerche oggi conosciamo tantissimi nuovi animali e piante e possiamo sentirci tutti un po’ più ricchi, dato che la ricchezza non è solo quella economica. L’ufficialità è venuta con il  2011 State of Observed Species che ha sancito la registrazione di 19.232 nuove specie nel 2009. Infatti lo studio è stato completato nel 2011, ma raccoglieva i dati di tutte le ricerche avvenute fino a due anni prima, il che fa sperare che in questi ultimi due anni questo numero sia ancora più elevato. Non siamo sorpresi dallo scoprire che la maggior parte di queste nuova specie sono insetti, il 50% circa, seguiti dalle piante vascolari, l’11,3%. Ma ci sono anche 41 mammiferi, per la gioia di grandi e piccini, quasi tutti pipistrelli e roditori. Tornando agli insetti, i ricercatori fanno notare come siano i coleotteri quelli che meno di tutti si conoscevano, dato che nel solo 2009 ne sono state scoperte ben 3485 specie diverse. Tra gli anfibi la fanno da padrona le rane (il 90%), mentre tra i pesci per lo più si trattava di pesciolini piccoli, tra le specie più piccole della Terra, anche se sono state scoperte nuove specie di pesci che normalmente sono presenti negli acquari come il pesce angelo e la castagnola. Ovviamente non potevano mancare i crostacei (gamberi, granchi, aragoste, ecc.) e i rettili, di cui quasi il 65% serpenti, ma anche lucertole e gechi. Infine non potevano mancare i funghi e i ragni. Chi l’ha detto che le nuove specie dovevano essere per forza belle da vedere? La vita è un immenso cantiere dove si lavora giorno e notte per il futuro, anche il nostro futuro.

D. V.

Acqua e arsenico

10:56 Posted In Edit This 0 Comments »
L'acqua = a vita. È qualche cosa in più di una semplice equazione e non ci stancheremo mai di affermarlo!
Tempo fa avevamo denunciato un problema gravissimo che non accadeva solo in Italia, ma in molte parti del mondo. L’acqua corrente che esce dai nostri rubinetti in molti casi è contaminata. Non soltanto a causa delle vecchie tubature, ma per dei prodotti chimici disciolti al suo interno. E’ capitato così che una class action avviata in diverse regioni del Centro-Nord ha ottenuto oggi una sentenza favorevole. Il Tar del Lazio ha infatti condannato il Ministero dell’Ambiente e quello della Salute al riscarcimento danni per 100 euro a testa per ogni parte in causa a causa dell’arsenico trovato nell’acqua. La denuncia da parte degli accusatori è la presenza di arsenico e amianto in quantità al di sopra delle norme stabilite dall’Unione Europea, nell’acqua che raggiungeva le loro abitazioni. Secondo quanto stabilito dal Tar infatti, l’acqua fornita ai cittadini dev’essere salubre e la tariffa dev’essere legata proprio a questa qualità. Per questo motivo i ministeri ora dovranno risarcire 100 euro a testa in modo da “rimborsare” i consumatori di una bolletta che non ha motivo di esistere se il servizio offerto non è di qualità. Questa decisione ora, secondo il Codacons, porterà a migliaia di ricorsi di altri cittadini a caccia di un risarcimento danni, ed anche se questa vicenda li fa sembrare un po’ come degli avvoltoi, non si può dire che non abbiano ragione. Una recente ricerca condotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in Bangladesh ha notato come l’acqua contaminata da arsenico, anche se in piccolissime dosi, abbia causato il 21% di morti totali del Paese in quel periodo e nel 24% dei casi abbia fatto insorgere malattie croniche gravi come tumori al fegato, cistifellea, alla pelle e malattie cardiovascolari. La sentenza, che per ora ha interessato solo alcuni cittadini di Lazio, Toscana, Trentino Alto Adige, Lombardia e Umbria, potrebbe presto allargarsi a tutta Italia, e chissà che non sia la volta buona che il servizio idrico nazionale venga finalmente aggiornato e migliorato.

Fonte (Repubblica)
D. V.

Trivelle a go go

01:01 Posted In Edit This 0 Comments »
Succedono cose strane in questa nazione, amici dell'ambiente, e una delle nuove anomalie ce la segnala ancora una volta il WWF.
Non è la prima volta che Wwf segnala il mare di trivelle che degrada il nostro Paese ma questa volta il dossier denuncia anche una mancata deliberalizzazione in merito. Il governo Monti avrebbe salvato in extremis l’Italia cancellando degli articoli previsti per liberalizzare la ricerca di petrolio e di gas su territorio nazionale. Il rapporto di Wwf parte da un presupposto molto semplice e chiaro.  In Italia gli esperti sono concordi nell’affermare che di petrolio ce n’è poco, e di scarsa qualità; localizzato nei pressi della costa in aree marine protette o contesti urbanizzati, dunque.  Non dovrebbero esserci appetiti delle compagnie petrolifere. Eppure assistiamo a un progressivo saccheggio di oro nero e gas. Un’aggressione al territorio che avviene nell’indifferenza della politica e che rischia di depotenziare le notre armi migliori: il turismo da un lato, e dall’altro il patrimonio artistico per cui siamo famosi.  Temiamo per le sorti dei grandi vertebrati come i delfini e i cetacei che potrebbero essere seriamente minacciati dal forte impatto inquinante dell’attività antropica, con danni sugli esseri viventi di carattere teratogeno, mutageno e cancerogeno. Si legge nel dossier che in Italia sono stati estratti nel 2010 8 miliardi di metri cubi di gas e 5 milioni di tonnellate di petrolio, che in percentuale fanno appena lo 0,1% della produzione complessiva. Ci si chiede perché allora il nostro Paese sia tanto appetibile per le compagnie petrolifere, visto che di petrolio difatti non ve ne è? La risposta viene fornita da Maria Rita D’Orsogna, docente di Fisica all’Università di Northridge, in California. Semplice: la legislazione di casa nostra è scandalosa, nel senso che favorisce al massimo le ditte estrattrici, mortificando invece le aree invase da pozzi e piattaforme. Il tutto con seri rischi per la salute e crescente frustrazione dei cittadini, allarmati per lo sfruttamento ma trascurati dalle autorità nazionali. Il decreto legislativo che regola il settore è il 625 del novembre 1996 in cui si legge “niente è dovuto sotto forma di royalty” per estrazioni dalla terraferma fino a 20mila tonnellate di olio greggio e 20 milioni di metri cubi di gas (dal 2010 sono diventati 25 milioni) e per estrazioni sul mare “entro 50mila tonnellate di olio greggio e 50 milioni di gas (80 milioni dopo il 2010). Come potete facilmente immaginare amici miei, qui in Italia è terra di nessuno, qui chi arriva fa i comodi e gli interessi suoi.  Noi siamo ricchi, le risorse noi le regaliamo!
D. V.

Temperature planetarie

00:42 Posted In Edit This 0 Comments »
Ci sono buone notizie all'orizzonte ma come sempre vengono vanificate dalla cruda realtà dei dati scentifici. La buona notizia è che dopo diversi anni di record battuti, il 2011 è stato un anno in cui le temperature medie sono state lievemente inferiori a quelle precedenti. La cattiva è che si tratta comunque di uno degli anni più caldi della storia. Un trend che se non verrà rapidamente interrotto ci porterà diritti nel baratro. Lo ha stabilito la Nasa che ogni anno calcola le temperature medie e le confronta con i dati risalenti sin dal 1880. Questo dato si può leggere in entrambi i punti di vista, positivo e negativo, in quanto non segue l’andamento sempre più caldo di quelli precedenti (a partire dagli anni 2000 le temperature salivano di anno in anno fino a raggiungere il picco nel 2010), ma è sempre più alta della media. In particolare, secondo il NASA Goddard Institute for Space Studies (GISS) di New York che si occupa di confrontare queste misurazioni, la temperatura media del 2011 è stata di mezzo grado superiore a quella della media del ventesimo secolo, il che fa capire come, nonostante gli sforzi per tenere giù le temperature stiano dando i primi effetti, siamo ancora al di sopra di qualche decennio fa.     Sappiamo che il pianeta sta assorbendo più energia di quanta ne emetta. Così continuiamo a vedere una tendenza verso temperature più elevate. Anche con gli effetti del raffreddamento di una forte influenza de La Niña e per la bassa attività solare per diversi anni, il 2011 rientra tra i 10 anni più caldi della storia ha dichiarato il direttore del GISS James E. Hansen. Ed in effetti la differenza tra la media dell’ultimo anno e quella dell’anno record 2010 è davvero di poco, 0,22 gradi Celsius. Purtroppo le previsioni sono pessimistiche visto che, nonostante lo scorso calo, gli scienziati pensano che in futuro le temperature potranno di nuovo aumentare. Il motivo è da ricercare nell’aumento delle concentrazioni dei gas ad effetto serra, soprattutto anidride carbonica, i quali assorbono la radiazione infrarossa emessa dalla Terra aumentando l’energia che rimane “intrappolata” nell’atmosfera, portando a temperature più elevate. Per avere un’idea di cosa stiamo parlando, basti pensare che nel 1880, anno della prima rilevazione, il livello di anidride carbonica nell’atmosfera ammontava a 285 parti per milione; nel 1960 è salito a 315 mentre oggi ha superato i 390, già al di sopra del livello massimo di guardia che però non mostra segni di flessione. Come sempre l'agricoltura sul banco degli imputati, questa pratica che ha sfamato il pianeta per generazioni rischia di diventare, alla soglia degli 8miliardi di persone, la nostra fossa ecologica.
D. V.

Efficenza energetica

00:16 Posted In Edit This 0 Comments »
La buona notizia è che i compiti a casa li abbiamo fatti. La cattiva è che per essere promossi dobbiamo ancora studiare. Si può sintetizzare così la tabella redatta dall’Enea sul Piano d’Azione Italiano per l’Efficienza Energetica. In breve si tratta di uno studio che mirava a stimolare gli italiani a consumare meno energia in modo da risparmiare sia economicamente che in fatto di emissioni. Divisa in quattro categorie (residenziale, terziario, industria e trasporti), l’Italia doveva raggiungere una serie di obiettivi stabiliti al 2010 e al 2016 per ridurre la propria impronta di carbonio. Ce l’ha fatta? Sì, ce l’ha fatta, ma non con numeri incoraggianti, e di certo ancora non possiamo dormire sonni tranquilli. Infatti, secondo il rapporto presentato al ministero, non è detto che questi risultati siano positivi per gli sforzi degli italiani, ma soprattutto per quanto riguarda l’industria, possono essere legati alla crisi economica che ha portato alla chiusura di molte aziende e che quindi derivano da una minore produzione e non da una migliore efficienza energetica. Inoltre terziario e trasporti, seppur di poco, non hanno raggiunto i loro obiettivi, e su questo c’è da riflettere. Per quanto riguarda il settore residenziale forse abbiamo l’unico dato strutturale visto che, grazie agli incentivi per la riqualificazione, effettivamente le case sono meglio isolate e gli impianti sono più efficienti di prima. Un altro punto a sfavore dell’ottimismo sta nel fatto che forse le stime sono state troppo basse e che le abbiamo raggiunte così facilmente proprio perché non richiedevano un grande sforzo. I numeri: l’obiettivo al 2010 di risparmio energetico nel settore residenziale era di quasi 17 mila GW/h all’anno. Ne sono stati risparmiati oltre 31 mila, quasi il doppio, numeri positivi che ci fanno avvicinare all’obiettivo dei 56 mila fissato per il 2016 e che, di questo passo, potrebbero essere raggiunti già quest’anno o il prossimo al massimo. Nel settore dell’industria il miglioramento arriva di poco, 8 mila GW/h contro 7 mila, mentre siamo rimasti al di sotto nel terziario (cinquemila contro ottomila) e nel settore dei trasporti con 2.972 contro 3.490. Complessivamente però il risparmio energetico è stato notevole, con oltre 47 mila gigawattora annui risparmiati contro un obiettivo di trentacinquemila circa, ma l’importante è considerare questi numeri come un punto di partenza e non come uno di arrivo. Insomma ci muoviamo amici dell'ambiente, ma piano molto piano.
D. V.

Spreco di cibo

05:59 Edit This 0 Comments »
Buttiamo troppo cibo. Non solo noi italiani ma praticamente tutto il mondo Occidentale ogni giorno perpretra un crimine indicibile: getta del cibo buono mentre ci sono oltre un miliardo di persone che soffrono la fame. Un delitto che non si addice ad una società che si autodefinisce civile, e almeno per quanto riguarda l’Europa, il massimo organo continentale, il Parlamento Europeo, ha deciso di prendere provvedimenti. Un’idea dello spreco? Secondo i dati FAO, considerando il cibo buono che viene gettato solo in Italia, si potrebbe dare da mangiare ad una popolazione grande quanto quella della Spagna. Un terzo del cibo prodotto in tutto il mondo finisce nell’immondizia, con una media di 179 chili all’anno per ogni europeo. Se voi non gettate mai cibo buono in casa vostra e questo dato vi sembra strano, basti pensare a quanti pasti cotti e non consumati vengono gettati nei fast food, nei take away, o al pane che viene gettato dai panifici a fine giornata. Il problema inoltre non è solo il gesto in sé, ma la quantità di materiale che va perduto. Per materiale si intende l’acqua (solo in Italia si spreca tanta acqua da riempire per un decimo il Mar Adriatico), ma anche suolo ed energia. Secondo i dati di Last Minute Market, il cibo più sprecato sono i latticini, di cui circa un terzo (il 32%) non viene consumato. A seguire troviamo la carne, le uova, pasta, pane e pesce, per uno spreco pro-capite quantificabile in quasi 1.700 euro l’anno. Per questo l’UE ha deciso di dedicare il 2014 alla lotta agli sprechi e sta progettando sin da ora delle direttive, che entreranno in vigore tra due anni, per tentare di ridurre questa piaga sociale.Con il voto in aula a Strasburgo arriva a compimento un lavoro iniziato oltre un anno fa, quando a Bruxelles è stata approvata la dichiarazione congiunta contro lo spreco, grazie all’iniziativa di Last Minute Market, ed è partito il percorso istituzionale che ha segnato adesso un notevole salto di qualità: la più importante istituzione europea ha assunto ufficialmente il tema dello spreco alimentare come questione centrale nella sua agenda. A questo punto il Parlamento europeo ha fatto la sua parte e la Commissione è chiamata a definire una strategia vincolante per i 27 Paesi, in grado di promuovere azioni concrete contro lo spreco di alimenti, a partire dall’istituzione del 2014 Anno europeo contro lo spreco alimentare ha spiegato Salvatore Caronna, parlamentare europeo che ha avviato la battaglia insieme ai suoi colleghi. Le strategie non sono state rese note, ma è chiaro che tutto comincia da una campagna di informazione per far rendere coscienti le persone del delitto che stanno compiendo.

D. V.

Un secondo

05:51 Posted In Edit This 0 Comments »




Credo siamo giunti al capolinea amici dell'ambiente, finalmente quell'annosa diatriba che ha visto contrapporsi gli scienziati di mezzo mondo sta per concludersi. Stiamo parlando della guerra del "secondo", si proprio quel secondo che non riesce a mettere d'accordo nessuno. Perché per via dell’incredibile precisione degli orologi atomici inventati dall’uomo, si verifica periodicamente una discrepanza – appunto di un secondo – tra il tempo misurato da quegli strumenti inventati dall’uomo e quello basato sulla naturale rotazione terrestre, imprecisa ed imperfetta. Si è deciso quindi di non fermare più gli orologi atomici per un secondo, “obbedendo” all’imperfezione temporale del nostro pianeta. Sarà, insomma, il tempo “umano” a vincere su quello della Terra. La pretesa umana di imporre la sua volontà non solo agli altri uomini, ma anche alle cose e alla natura, troverà dunque l’ennesima conferma. Certo, si tratta solo un secondo, e sembra – anzi è – una questione di lana caprina. E’ triste però che in tempi bui come questi dove c'è un gran bisogno di "naturalità", gli uomini continuino a non capire che la bellezza della vita, come quella delle persone, sta nella magnifica armonia dell’imperfezione, non nella fredda linearità della perfezione. Ci sarebbero migliaia di bellissimi modi per amare ed ammirare questo splendido, e per certi versi, unico pianeta in cui viviamo, basterebbe rispettarlo e rispettare i suoi tempi. Ma soprattutto, è ridicolo pensare all’Uomo che rivolgendosi alla Terra, ai suoi Oceani, ai suoi Continenti, alle sue nuvole, al suo vento e alle sue stelle dica: “Ora fermati, e aspetta un attimo”.

D. V.