Bombe chimiche

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Sono passati oltre 60 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, eppure in giro per l’Italia ci sono ancora migliaia di bombe chimiche pronte ad esplodere, senza che un’attività di bonifica sia stata attuata. E’ questa la denuncia che arriva oggi da Legambiente, annunciando la conferenza per la presentazione di un dossier in merito che avverrà a Roma domani, in cui si fa il punto della situazione di questa che potrebbe diventare la tomba per l’ambiente italiano. Secondo le rilevazioni dell’associazione ambientalista infatti, non si tratta di poche decine di bombe, ma di decine di migliaia quelle che vengono rilevate ma non eliminate nel nostro territorio. La situazione peggiore è quella dell’Adriatico, in cui il numero di bombe dalla Guerra Mondiale in poi è aumentato a causa delle varie guerre che si sono tenute nei Balcani, come quella del Kosovo, e che ha comportato il rilascio di ordigni per un totale di 30 mila circa lungo le coste pugliesi e non solo, con il porto di Molfetta che da solo ne conta almeno diecimila. Ma non solo. Nelle acque al largo di Pesaro ci sono 4.300 bombe gettate volontariamente alla fine della Seconda Guerra Mondiale per non farle conquistare dai tedeschi, ed oltre 1.300 tonnellate di iprite; il Golfo di Napoli è diventato una sorta di deposito per lo smaltimento di armi chimiche, in particolare residui della base americana di Aversa. Ma poi ci sono anche delle bombe che non sono ordigni veri e propri, ma pericoli ambientali correlati che però possono essere pericolosi quanto le bombe. E sono quelli vicino a Viterbo e Frosinone, ad esempio, riconosciuti in questi ultimi anni come depositi di scarti e materiali pericolosi che necessitano di bonifica, ma che sono ancora lì senza che nemmeno un grammo sia eliminato. L’Italia sembra una polveriera pronta ad esplodere, e dire che sul nostro territorio non si combatte una guerra da quasi un secolo.

Fonte (Repubblica)
D.V.

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